di MANUEL NIN
Nella
tradizione bizantina la festa della Dormizione della Madre di Dio è il sigillo che
chiude l’anno liturgico, così come quella della sua Natività è l’inizio. La
nascita e la glorificazione della Madre di Dio sono infatti anche l’inizio e il
destino di tutta la Chiesa, di cui Maria è figura (týpos).
Nell’ufficiatura mattutina vi è un canone di san Giovanni Damasceno (VII-VIII secolo)
dove, a partire dalle odi bibliche che sono alla base del mattutino bizantino, sono
sviluppati aspetti del mistero celebrato grazie a una lettura cristologica dei
testi veterotestamentari.
L’autore
sottolinea come la festa diventi una liturgia: «Adorna di divina gloria, o
Vergine, la tua sacra e illustre memoria ha convocato alla festa tutti i fedeli
che, preceduti da Maria con danze e timpani, cantano al tuo unigenito: Si è
reso grandemente glorioso». Il Damasceno collega la prima ode (Esodo, 15,
1-19) con il transito, vero esodo, di
Maria in cielo: «Vergini giovinette, insieme alla profetessa Maria, cantate ora
il canto dell’esodo: perché la Vergine, la sola Madre di Dio, è trasferita all’eredità
celeste.
Accogli da noi il
canto per il tuo esodo, o madre del Dio vivente».
Qui Giovanni enumera i
titoli dati a Maria nella festa e nelle tradizioni cristiane: «Degnamente, come
cielo vivente ti hanno accolta, o tutta pura, le divine tende celesti: e tu,
nella tua radiosa bellezza, hai preso posto come sposa tutta immacolata presso
colui che è re e Dio».
Il
transito della Madre di Dio diventa quasi una liturgia che raduna il cielo e la
terra, manifestata dall’icona della festa: «Quale sorgente viva e copiosa, o
Madre di Dio, rafforza i tuoi cantori, che allestiscono per te una festa
spirituale, e nel giorno della tua divina gloria di corone di gloria rendili degni.
La folla dei teologi dai confini della
terra, la moltitudine degli angeli dall’alto, tutti si affrettavano verso il
monte Sion al cenno della divina potenza, per prestare ben doverosamente, o
sovrana, il loro servizio alla tua sepoltura. Da tutte le generazioni ti
diciamo beata, o Madre di Dio vergine, perché in te si è compiaciuto dimorare
il Cristo Dio nostro, che nessuna dimora può ospitare. Beati siamo anche noi,
che abbiamo te quale protezione: giorno e notte, infatti, tu intercedi per
noi».
Giovanni
presenta chiaramente il tema della morte della Madre di Dio. Il suo transito
alla vita avviene, come per Cristo stesso, attraverso l’esperienza della morte:
«Da te è sorta la vita, senza sciogliere i vincoli della tua verginità. Come ha
dunque potuto l’immacolata dimora del tuo corpo, origine di vita, aver parte
all’esperienza della morte? Tu che sei stata sacrario della vita hai raggiunto
l’eterna vita: attraverso la morte, infatti, sei passata alla vita, tu che hai
partorito colui che è la vita. Tomba e morte non hanno trattenuto la Madre di Dio,
sempre desta con la sua intercessione.
Quale madre della
vita, alla vita l’ha trasferita colui che nel suo grembo sempre vergine aveva preso
dimora».
Nell’ottava ode
Giovanni prende spunto dal cantico dei tre fanciulli (Daniele, 3,
57-88) e ne fa un commento cristologico e mariologico: «Il parto della Madre di
Dio, allora prefigurato, ha salvato nella fornace i fanciulli intemerati; ma
ora che si è attuato convoca tutta la terra che salmeggia: Celebrate, opere, il
Signore, e sovresaltatelo per tutti i secoli». Quasi come il giardino della
tomba vuota di Cristo, anche la tomba di Maria diventa un nuovo paradiso: «Oh,
le meraviglie della sempre vergine e Madre di Dio! Ha reso paradiso la tomba
che ha abitata, e noi oggi attorniandola cantiamo gioiosi». La stessa fornace
di Babilonia è figura del grembo di Maria: «Il potentissimo angelo di Dio
mostrò ai fanciulli come la fiamma irrorasse di rugiada i santi e bruciasse
invece gli empi; e così ha reso la Madre di Dio fonte vivificante dalla quale
insieme zampillano la distruzione della morte e la vita per quanti cantano: Noi
redenti celebriamo l’unico creatore, e l’unico creatore, e lo sovresaltiamo per tutti i
secoli».
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