Tangentopoli segnò il passaggio dalla prima alla
seconda repubblica. In pratica dal sistema dei partiti di massa si è passati ai
partiti personali o dei professionisti della politica.
La illegalità è -per questa via- aumentata a dismisura, i bilanci
degli enti pubblici sono andati in rosso, si sono formate montagne di debiti ed
altri ancora per ripianarli. La causa di tutto questo, può essere individuata
nella modifica del titolo V della Costituzione, operata da un governo di
centro-sinistra o di finto centro-sinistra, e per giunta con pochi voti di maggioranza.
All’improvviso, il nostro Parlamento, quasi con un
colpo di mano, sconvolse la nostra Costituzione, suonando il mortorio allo
Stato centralistico risorgimentale. Il momento storico in cui tutto questo è
possibile è dominato dalla demagogia della Lega Nord che suona i pifferi
d’un federalismo grossolano e ignorante, senza cultura e senza conoscenza della
storia del Paese.
Il fatto grave non sta nella demagogia rozza della Lega Nord,
un partito senza tradizione e senza cultura politica ma nei partiti organizzati
(si fa per dire), che per miope tornaconto politico, hanno finto di seguire le
farneticazioni dell’On. Bossi e dei suoi accoliti.
In quella fase tutti i partiti sembrarono ipnotizzati
dalle ciance della Lega e convertiti al federalismo, senza capirne la portata
della proposta. Si trattò d’una riforma epocale i cui danni oggi stanno
sotto i nostri occhi, anche se tuttora i Partiti di destra e di sinistra
dinanzi a questo tema balbettano e non hanno il coraggio o l’interesse di
cambiare.
Il Tit. V riformato prevede che i Comuni, le Province,
le Regioni e lo Stato centrale formano la Repubblica. Da questo momento
scompaiono i controlli, tipici dello Stato centralizzato. Il segretario
comunale, per esempio, non deve dare pareri di legittimità sugli atti
amministrativi e scompaiono i Comitati di controllo ed i Commissari di Governo.
Il nuovo stato degli Enti locali viene disciplinato dai decreti del ministro
Bassanini che conferiscono enormi poteri ai vertici
amministrativi. Questi possono scegliersi i dirigenti, anche esterni ed anche il
segretario comunale deve essere di gradimento del vertice dell’ente.
La
gestione degli Enti locali passa nelle mani della burocrazia e la politica
mantiene solo il potere d’indirizzo. In un momento in cui l’attenzione della
Magistratura è rivolta agli amministratori locali, Bassanini toglie loro
la gestione diretta per affidarla ad una burocrazia che non è altro
che una longa manus della politica.
La casa degli Enti locali che fino a quel
momento aveva goduto d’una certa protezione incomincia a mostrare le prime
falle che lasciano filtrare atti illegittimi –da ignoranza- a getto continuo ed
infine nelle realtà meridionali aprono le porte alla mafia. I sindaci ed i consiglieri diventano infatti esperti di
impianti eolici, per dirne una.
Determine e delibere non sono più soggette a
controllo. Inizia una fase nuova per gli enti locali: ognuno si regola come
crede tanto non deve dare conto a nessuno. Nasce una democrazia senza
controlli.
I partiti d’opposizione che un tempo vigilavano e controllavano la
maggioranza non esistono più perché i “partiti personali” si dotano di grande
mobilità; oggi in maggioranza e domani all’opposizione ricattatoria in vista di
…
Il diritto di controllo viene demandato solo agli
elettori. Ma come? E quando? Alla fine del mandato, col voto.
Queste vedute
assurde sono state avallate fino ad oggi da tutta la nostra classe politica.
Centro-destra e finto Centro-Sinistra.
Comuni, Province e Regioni amministrano male? Mandano
l’Ente da loro amministrato in dissesto? Non importa. Chi sta al governo
dell’Ente aumenta le tasse per ripianare i debiti, ed i cittadini pagano.
La
classe politica quando prende atto che la mafia entra con facilità negli enti
locali, invece di porre mano al Tit. V e
ripristinando i controlli, vara una legge sullo scioglimento dei comuni per
infiltrazione mafiosa.
Ai tempi in cui gli atti amministrativi erano soggetti
a controlli non era possibile che dirigenti o funzionari sottraessero somme di
pubblico denaro all’ente, come invece accade ora. Ma questo nessuno lo dice,
nessuno invoca il ripristino dei controlli, quando è risaputo che senza
controlli non può esistere democrazia.
Stando alle tante relazioni di
scioglimento dei Consigli Comunali non si capisce chi ha agevolato le
infiltrazioni mafiose. Generalmente gli amministratori non vengono denunciati
all’autorità giudiziaria per favoreggiamento della mafia né i burocrati vengono
rimossi.
Si direbbe che la mafia s’è infiltrata da sola.
Spesso
gli amministratori sciolti per mafia, finita la fase commissariale,
ritornano al loro posto, mentre i burocrati non vengono nemmeno spostati
d’ufficio, né ruotano.
Che senso ha tutto questo? La gente resta
confusa.
Quanto costa ai cittadini un comune commissariato? Non
solo il malgoverno degli amministratori ma anche il peso di chi dovrebbe
restaurare la legalità cade sui cittadini.
Come si vede ci troviamo da anni
dinanzi ad una crisi epocale della democrazia nel nostro Paese. La nostra
classe politica o la casta, che ormai da anni occupa il
paese, vive in uno stato di confusione e d’impotenza, discute solo di piccole
cose, ma non è in grado di volare alto per ammodernare lo Stato.
Ma il Paese ha bisogno d’altro: occorrono riforme
organiche e prima fra tutte bisogna mettere mano al titolo V ridisegnando il
ruolo evitando che i debiti fatti dagli amministratori cadano sui cittadini e
che il danaro pubblico possa scivolare in tanti rigagnoli che nulla hanno a che
vedere con il bene comune.
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