La Storia contemporanea la si fa cominciare con la
Rivoluzione Francese, oppure con la rivoluzione industriale (=nascita del
capitalismo in Inghilterra).
Altri fanno cominciare l’era contemporanea con la Restaurazione
(Vienna 1815). Noi in Sicilia potremmo farla iniziare dal 1812 (=Abolizione del
feudalesimo su forte pressione degli inglesi che erano massicciamente presenti
sull’isola con esercito e marineria per combattere le guerre antinapoleoniche).
Si tratta comunque di una forzatura perché se sulla carta
(varo della costituzione siciliana) cessano i privilegi dei baroni, nei fatti
nasce il latifondismo che, nelle zone interne dell’isola, non differisce molto
dal feudalesimo e si protrarrà a frenare la crescita socio-culturale e civile
della Sicilia fino ad appena 60 anni fà. Teniamo presente che su 13,000 ettari
del territorio comunale di Contessa ancora ai primi del Novecento ben 10.000
ettari appartenevano a latifondisti (erano, in pratica tirati fuori i tre feudi
di Serradamo, Contesse e poi Bagnitelle) concessi dai baroni del luogo agli
albanesi nel Cinquecento e poi nel Settecento perché popolassero il territorio.
Certo, con la Restaurazione non fu facile per i governi europei
ignorare i diritti politici che erano stati affermati dalla Rivoluzione
francese e da Napoleone.
In tutto l’800 sarà infatti centrale la problematica della
sovranità del popolo-nazione e del rapporto tra nazione-Stato che porterà, alla
fine, al crollo dei grandi Imperi multietnici.
La rivoluzione industriale inglese, a cui più direttamente
si fa risalire la nascita del capitalismo, in realtà si sviluppa nelle campagne
ove avviene un lento processo di
trasformazione socio-economica che in via di fatto mette gradualmente da parte
il vecchio feudalesimo dando vita ad una
rivoluzione agraria mediante significativi investimenti sulla terra
(tutto il contrario di ciò che ebbero a fare i baroni, prima, ed i
latifondisti, dopo in Sicilia). La rivoluzione agraria inglese germoglia –in effetti-
in un paese dove esisteva già un mercato di consumo interno abbastanza sviluppato
ed in un paese che era al centro di un impero coloniale in forte crescendo. La
presenza quindi di un MERCATO vivace
è l’elemento di fondo che stimolerà gli investimenti oltre che sui campi sull’emergente
industria (la Rivoluzione industriale). Ovviamente nella fase iniziale l’industria
non esigerà investimenti massicci; si punterà infatti allo sfruttamento massimo
(oltre misura) del fattore lavoro (operai sfruttati per 15 ed anche più ore al
giorno).
E’, ai nostri fini, importante mettere l’attenzione sul
fatto che la rivoluzione industriale, in Inghilterra, è figlia dell’intraprendenza
dei feudatari che investendo nella campagna in un lento processo di maturazione
si spostano poi nell’investimento industriale-mercantile. Cosa impossibile in
Sicilia dove il feudalesimo dei baroni era –anche concettualmente- un “godimento”
parassitario fondato sul controllo dei territori e sullo stato di ignoranza in
cui venivano tenute le popolazioni.
La rivoluzione industriale è caratterizzate da una epocale
mobilità della popolazione che dalle campagne si trasferisce nelle città. Londra, Liverpool,
Manchester sono le protagoniste indiscusse del nascente capitalismo
industriale.
Anche dove la rivoluzione industriale tarda a nascere o non
nascerà affatto, Napoli o Palermo, si assiste ad una significativa crescita
demografica dovuta al fatto che i ceti dominanti baronali e non trasferiscono
la residenza, assieme ad una numerosissima classe servile, in città, attratti
dalla possibilità dei consumi di prodotti che affluiscono dai centri
industriali inglesi e poi via via francesi etc.
Nell’800 la popolazione europea passa da 190 milioni di abitanti
a 400 milioni.
La rivoluzione industriale iniziò in Italia con una cinquantina d'anni di ritardo rispetto all'Inghilterra, e riguardò inizialmente soltanto alcune zone del Paese (Piemonte, Liguria, poi anche Lombardia); nella prima metà dell' '800 si svilupparono soprattutto l'industria tessile (nei pressi di Novara e Vercelli) e l'industria meccanica (presso Torino e Genova).
(Segue)
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