La guerra in Ucraina per molti uomini è una sorpresa. Ci eravamo abituati al concetto della globalizzazione, alle frontiere aperte (tranne -pero'- per i molti esseri umani dei paesi poveri, che continuano ad essere respinti).
Adesso ci accorgiamo che siamo entrati nel tempo della "paura", alimentata dallo strano nazionalismo che arriva da dove per decenni aveva regnato un potere agli antipodi del nazionalismo. Senza che ci credesse nessuno ad est dell'Europa per decenni si è parlato di "internazionalismo". Accadeva, solamente per propaganda.
La sensazione dei nostri giorni è che stiamo attraversando un periodo di caos e di perdita di sicurezza sul "domani". L'ordine delle cose del mondo, che sembrava fosse divenuto assodato nella logica perseguita fra gli Stati fino a "ieri", adesso sembra essersi sciolto nella disinvoltura con cui un Putin qualunque decide nel giro di una mattinata (si fa per dire) di invadere un paese più debole e vicino di casa, oppure nelle parole grosse e piene di rancore di un Biden, che avremmo immaginato -da capo di un paese potentissimo- uomo tranquillo e cercatore di accordi e tessitore di intese.
Appena pochi mesi fa, in un incontro internazionale, si erano raggiunti "difficili intese" per fissare e comunque per diffondere nuovi "equilibri ambientali" e di vivibilità sul pianeta, e adesso temiamo ed osserviamo che un "autocrate" che vive isolato, lontano dai suoi stessi consulenti e collaboratori, potrebbe in un momento di debolezza o di autoesaltazione pigiare un "bottone" e ...
Parlavamo, fino a ieri, di globalizzazione e di mondo senza frontiere (se non per gli uomini poveri e per i migranti) almeno delle merci e del sapere umano e ci accorgiamo che scoppia una micidiale guerra fra due stati vicini, che possiedono -sotto più schemi- una stessa lingua, una stessa cultura e persino una stessa religione.
La colpa di ciò? non è sufficiente dire che in più parti del pianeta sta risorgendo il nazionalismo, il sovranismo e pure il populismo della non cultura. In un pianeta dove andavano sparendo i passaporti sta tornando il gusto delle frontiere e delle nazionalità e delle razze.
Noi, per quel poco che interessa in giro, restiamo fermi ad invocare il ritorno della "politica", del "dialogo", delle sfide culturali e della riproposizione dei valori di fratellanza di popoli, di razze e di eguaglianza fra gli esseri umani. E per non dimenticare quello che appena ieri era stato concordato fra gli stati, ci piace di tornare ad occuparci del clima e dell'ambiente, che ovviamente non si curano con le bombe ed i cannoni.
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