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venerdì 14 gennaio 2022

Valle del Belice. Ad oltre mezzo secolo dal terremoto esistono paesi svuotati di presenza umana

Sul blog esistono centinaia di pagine su quell'evento sismico e sono facili da ritracciare.

Riteniamo pertanto che non giovi ai lettori riproporre sempre le medesime riflessioni.

Ci soffermiamo sul Quadro socio-economico.

 Il terremoto del gennaio 1968 colpì con numerose e violente scosse una vasta area della Sicilia occidentale compresa tra le province di Agrigento, Palermo e Trapani: un’area ritenuta fino ad allora non sismica dalle conoscenze scientifico-geologiche. 

 Nel breve volgere di dieci giorni (con scosse frequenti) furono distrutte 9.000 case, numerose antiche chiese, vetusti palazzi e castelli, testimonianze storiche in quest'angolo di Sicilia relative agli antichi mondi feudali e latifondisti. Si contarono alcune centinaia di vittime e oltre 100.000 senzatetto, 12.000 dei quali emigrarono quasi subito verso l’Italia del nord, su decisa volontà politica romana che mise a disposizione biglietti gratis per qualsiasi località del pianeta. Da Contessa interi nuclei familiari partirono non solo per la Germania, Francia, Svizzera e Gran Bretagna, ma persino per l'Australia e l'America. Nessuno di essi è più tornato, nemmeno a ricostruzione edilizia ultimata.

 Una emergenza come quella, in condizioni di impreparazione ed in una realtà ancora interamente contadina, in tutta la Valle apparve subito difficile da gestire.  Dopo giorni, e pure settimane, in tutta la Valle sorsero delle vere e numerose tendopoli, a cui dopo mesi (e pure qualche annetto) seguirono le baraccopoli. La Ricostruzione -con risorse pubbliche- delle abitazioni, secondo criteri igienici e di conforto, arriverà dopo appena un decennio (ad oltre metà degli anni '70). Per evitare la burocratizzazione del processo di "rinascita" venne fuori, per la prima volta ad oltre un secolo dall'Unità del Paese, una vera e propria "de-centralizzazione" amministrativa. L'esame, e poi l'approvazione vera e propria dei progetti di ri-nascita delle singole unità abitative, a cui seguiva il finanziamento pubblico, il tutto è avvenuto nell'ambito di ciascun comune della Valle del Belice. Si è trattato quindi di un vero e proprio iniziale processo di democratizzazione del Paese, fino ad allora fermo all'iniziale fase del regionalismo (1970).

 Tutto andò bene e come avrebbero voluto i protagonisti del processo della Ricostruzione: i sindaci, anzitutto? No. Le case ricostruite non tardarono ad essere chiuse a chiave, ed abbandonate, con i proprietari che  dovettero prendere, in maniera accellerata, l'antico ritmo migratorio tanto abituale in Sicilia. Eppure il comitato dei sindaci, che si era distinto nel saper guidare istituzioni e volontà della gente, composto com'era da personaggi di vasta popolarità, in gran parte -se non tutti- divennero parlamentari regionali o nazionali; e quel comitato si adoperò e lottò molto, guidando con le oo.ss manifestazioni e proteste perchè le iniziali promesse di industrializzazione dell'area fosse avviata. 

 Arrivò finalmente un progetto di industrializzazione da realizzare a Capo Granitola. Ma è rimasto sulla carta. Perchè ? perchè di disastri successivi alla Valle del Belice nella fragile struttura geologica dell'Italia ne arrivarono altri ancora, persino più devastanti, e conseguentemente calò il silenzio mediatico e politico sulla Valle; ma anche perchè tantissime forze lavorative locali, della Valle, mano mano che venivano realizzate le abitazioni non perdevano tempo per emigrare. E fu così che nella Valle del Belice, da Contessa Entellina a Salaparuta, da Santa Margherità Belice a Santa Ninfa ed altrove,  è avvenuto lo svuotamento dei residenti ed oggi si hanno classi scolastiche elementari di quattro-cinque-sei ragazzi. 

 Non esistono più gli uomini/donne e soprattutto le forze civiche idonee per attivare un movimento di popolo per chiedere ed esigere che "i cittadini da Pantelleria a Milano o a Trento abbiano pari diritto di godere degli stessi standard di vita".

 Nel chiudere questa pagina è inevitabile dover ricordare i sindaci, ed il sindaco di quel periodo di Contessa Entellina. Erano tutti personaggi che masticavano bene la "Politica", possedevano dirittura morale e visione di un mondo civile. In questi parametri rientravano Di Martino, Corrao, Montalbano e tutti gli altri dei quattordici comuni del Belice che, per almeno un ulteriore decennio dagli eventi sismici, continuarono a guidare i rispettivi comuni e diedero le basi che ancora oggi attendono di essere sviluppate sul piano socio-economico.

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