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sabato 22 gennaio 2022

Una foto alla settimana: la trebiatura nei primi anni cinquanta del Novecento

 La trebiatura, come veniva

percepita da un ragazzo di 5-6 anni in c.da Fuisa

La trebiatura fino a tutti gli anni cinquanta si faceva sull'aia preparata generalmente su luoghi ben esposti al vento. 

A Contessa, nella memoria di chi scrive, c'era una aia nell'allora contrada Fuisa, oggi difficilmente da individuare essendo quella zona stata integralmente interessata dalla ricostruzione edilizia post-terremoto '68. Forse la si potrebbe, con margini di errori, indicare fra l'attuale complesso scuola media e l'inizio del complesso 80 alloggi. Altra aia abitualmente usata dai contessioti stava  non lontano dal sito di ingresso al nuovo centro abitato, sottostante allo spazio ove sorge il cippo-ricordo di Francesco Di Martino. Ovviamente di aie ne sorgevano tante altre in più luoghi del territorio comunale, soprattutto negli spazi prossimi alla masseria di Vaccarizzo.

I covoni di grano, sciolti, si disponevano sull'aia dove i muli, a pariglia (in due) ci giravano sopra come se si trattasse di una giostra.

Ovviamente anche i muli necessitavano di riposo, ed ogni ora, contadino e muli si fermavano.

Ciò che resta nella memoria di quei decenni di veri sacrifici sopportati dal mondo contadino è quella mimica usata per incitare i muli a non fermarsi, a continuare a calpestare sotto il sole cocente di luglio-agosto i fasci di grano che stavano sull'aia.

" ... acchiana e scinni comu va lu ventu

ludamu tutti lu Santissimu Sacramentu".

In realtà i canti cambiavano ricorrentemente, ed ogni mulattiere, ogni contadino aveva le sue incitazioni per i muli, che comunque sapevano quasi sempre di fiducia e di religiosità.

 "... Firriamu tri voti 'ntunnu, 

tuccamu 'nsinu a lu funnu, 

ca c'è lu patri di tuttu lu munnu"

" ... Giriamo tre volte attorno, fino a toccare il fondo, che c'è (il pane) padre di tutto il mondo".

 Poi, quando il vento era favorevole, ma in estate in Sicilia non  era fenomeno ordinario,  si "spagghiava" col tridente per separare il grano dalla paglia. Il grano cadeva nell'aia e la paglia si ammucchiama, come per miracolo,  poco più lontano in semicerchio.

 Quegli eventi, visti con gli occhi e la coscienza di oggi, apparivano come un rito, una celebrazione ed una fede per il grano, per il pane, che allora si perseguivano al fine di volerli assicurare alle rispettive famiglie di appartenenza.

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