Vocabolario
I racconti biblici e la storia: Si tratta di un patrimonio vivente di un popolo, che gli dava il sedimento della sua unità e che sosteneva la sua fede; sarebbe assurdo domandare il rigore che userebbe uno storico; ma sarebbe ugualmente illegittimo negare loro ogni verità perchè manca loro questo rigore.
I primi 11 cc della Genesi sono da considerare a parte. Descrivono in modo popolare l'origine del genere umano; enunciano uno stile semplice e figurato, quale conveniva alla mentalità di un popolo poco evoluto, le verità fondamentali presupposte dall'economia della salvezza: la creazione da parte di Dio all'inizio dei tempi, l'intervento speciale di Dio che formal'uomo e la donna, l'unità del genere umano, la colpa dei nostri progenitori, la decadenza e le pene ereditarie che ne furono la sanzione. Ma queste verità, che riguardano il dogma e sono assicurate dall'autorità della Scrittura, sono nello stesso tempo fatti e, se òle verità sono certe, implicano fatti che sono reali, sebbene non possiamo precisarne i contorni sotto il rivestimento mitico che è stato loro dato, secondo la mentalitàè del tempo e dell'ambiente. (Gianfranco Ravasi, biblista italiano, teologo ed ebraista, cardinale 18-10-1942).
Un personaggio alla volta
Quando l'inquietudine è
spinta al cammino.
1) ..Ogni grande civiltà è stata tale solo nella misura in cui ha saputo raggiungere l'armonia tra sapere di Dio, o del divino, in quanto senso complessivo del vivere e gerarchia dei valori, e sapere del mondo, in quanto concreta esperienza della natura e della storia. Ogni grande civiltà si fonda sull'armonia tra senso ultimo delle cose ed esperienza concreta della vita, tra sintesi vitale e volontà analitica. Per questo una religione senza più presa sulla società diviene semplicemente inutile; e sempre per questo una società senza più radicamento nella religione cade preda del caos, viene corrosa dal nichilismo e peggio ancora dall'affarismo. (Vito Mancuso, docente e teologo, 9-12-1962)
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La scienza di Dio, dal testo di Sergio Zavoli
Se Dio c'è.
Zavoli: Spesso, leggendo superficialmente i teologi, si può supporre che Dio se ne stia lassù, imperturpabile, pronto ad essere compreso o incompreso, totalmente a disposizione, comunque, delle loro disquisizioni intellettuali, delle loro dispute. Ma chi può dare all'uomo la facoltà di definire la natura di Dio? Dovrebbe essere percepito grazie ad una specie dei sesto senso interiore, diciamo pure a un senso dell'anima? Oppure indagato, e catturato, come fa addirittura analiticamente quella teologia che si autodefinisce "scienza di Dio"?.
Piero Coda (teologo): Bisogna intendersi su ciò che significa teologia come "scienza di Dio". Capisco l'esigenza sottesa nella sua domanda, che elegge la fede a dono gratuito di Dio. Ciò è fondamentale, ne sono perfettamente convinto. Ma di fronte a questa persino ineffabile esperienza con Dio, il voler entrare in un bisogno innato nell'uomo, quello di sapere se Dio c'è, chi è, dov'è -un bisogno che nasce anch'esso da Dio- la teologia non può farsi da parte, sostare, rimanere in attesa. Di che cosa? Non, certamente, di comprendere Dio sino in fondo, per catturarlo e imprigionarlo con i criteri della propria oggettività, della propria ragione, ma per fare spazio dentro la conoscenza umana all'avvento sempre più grande della libertà e della verità di Dio. Dio stesso ci chiama a sviluppare sino in fondo quei talenti di libertà, di amore e di ragione. Se non lo ascoltassimo non saremmo fedeli sino in fondo alla creazione, che ha fatto di noi uomini non solo i suoi testimoni, ma anche i suoi interpreti.
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