La malattia di Cavour:
Salassi per curare un attacco di malaria
(precedente: Pigiare)
Il 26 aprile 1861, il primo ministro del Regno d'Italia, Cavour, riceve alle prime ore del mattino il conte di Salmour per discutere sulle poste del bilancio della marina del nuovo stato unitario. Il conte si rende subito conto che l'amico primo ministro non sta bene dall'aspetto e dagli occhi giallastri e dalla febbre da cui è affetto. "Non mi sento troppo bene" gli dice Cavour, che proseguendo asserisce che sta male dal giorno in cui Garibaldi in pieno Parlamento lo ha verbalmente aggredito e si dice lagnato di avere riposto tanta fiducia in quell'uomo.
Nel successivo mese di maggio il primo ministro partecipa alle sedute parlamentari; il momento storico del nascente stato unitario lo richiede.
Il 29 maggio, dopo avere cenato e prima di iniziare le solite nottate ad esaminare carte del giovane Stato si sente male e subito viene chiamato il medico-amico Rossi, che senza avere colto le reali condizioni del paziente ordina l'abituale -per l'epoca- salasso che inizialmente pare giovi. E soddisfatto dell'apparente miglioramento, il mattino successivo il medico ordina un secondo salasso, e poi, in serata, un terzo salasso. Una cura quella che irrimediabilmente ha indebolito il malato. La mattina del 31 maggio il primo ministro non aveva febbre e volle le carte ministeriali da esaminare e ricevette alcuni ministri in camera da letto per le concordare sulle problematiche di governo. Lavorò insieme al suo segretario particolare su alcuni fascicoli di governo fino a tardi e preannunciò alla nipote che lo accudisce che deve assolutasmente tornare al lavoro di governo, non è possibile perdere ulteriore tempo con la malattia. Verso le undici di sera però scatta un allarme, Cavour è preso da brividi, ha la febbre alta e delira.
Verso le cinque del mattino, persistendo il delirio, in casa decidono di chiamare il medico che sentenzia "congestione cerebrale" e ordina del chinino, ma non basta. Avendo Cavour manifestato disturbi intestinali, il medico ordina un ulteriore "salasso". Il due giugno scatta in casa un ulteriore allarme che, subito dopo l'ulteriore visita di controllo del dottor Rossi, che lo trova senza febbre, cessa. Passano ulteriori ore della giornata e spunta la febbre alta ed il primo ministro comincia a delirare, accenna alle urgenze del dossier governativo: attesa di una lettera da Napoleone III, emissione del prestito pubblico da cinquecento milioni e grida al medico "Signore, fate presto a guarirmi, il tempo è prezioso. Devo visitare i lavori del Cenisio". Il dottore Rossi chiama a consulto il chirurrgo Maffoni, che ordina un ulteriore salasso; ma aperta la vena non esce affatto sangue.
Per impedire il ritorno della febbre si prescrivono forti dosi di chinino liquido. Intanto da casa deiregnanti Savoia iniziano ad arrivare le visite di vicinanza al primo ministro. Quando la febbre è ormai alta, il primo ministro chiama il suo cameriere e gli chiede di ricordare al parroco della Chiesa della Madonna degli Angeli di portargli gli ultimi sacramenti, pur essendo lui stato scomunicato dal papa. Dice, ancora, che non vuole che la sua morte faccia scandalo nel giovane Regno d'Italia; "Voglio che i torinesi sappiano che muoio da buon cristiano".
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