Il 14 settembre 1812, al calar della sera, quando l'esercito napoleonico era prossimo ad entrare a Mosca e quello russo assieme alla gran parte della popolazione si accingeva ormai ad abbandonare la città, un vasto incendio invase per quattro giorni continui Mosca, distruggendola quasi completamente.
Non si è mai esattamente saputo quali siano state le ragioni del vasto incendio. Molti storici oggi però sostengono che il Conte Fëdor Rostopčin, un militare, prima che la città finisse in mano ai francesi abbia ordinato di incendiarla con continui sabotaggi che durarono tre giorni.
Gli uomini di Gioacchino Murat si erano già insediati dal pomeriggio di quel 14 settembre al Cremlino e verso sera ebbero inizio i focolai in tutta la città.
Fra il 18-19 ottobre l'esercito francese iniziò la ritirata.
Si era ormai al punto di svolta della campagna militare napoleonica. Su seicentomila militari che erano andati al seguito di Napoleone ben centomila erano già finiti prigionieri dei russi e quattrocentomila avevano versato il loro sangue lontano dalla patria.
La stella di Napoleone era ormai al declino, segnata proprio da quella che si profilò come la grande disfatta in terra di Russia.
Capiterà la stessa vicenda (disfatta in terra di Russia) ad altri successivi protagonisti della storia novecentesca.
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