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sabato 14 settembre 2019

Mulini e mulinara. Alla ricerca della Sicilia pre-moderna e non ancora contemporanea

I mulini di Bagnitelle precedono o 
seguono la fondazione di Contessa ?

I mulini di Bagnitelle (erano forse tre)  sono occasione per percorrere a grandi linee la vicenda locale, del nostro paese Contessa Entellina, da un punto di vista socio-economico e pure di status civico della popolazione locale.
Ci proponiamo infatti di scrivere qualcosa sui mulini ad acqua del territorio di Contessa Entellina, che non sono altri che quelli di contrada Bagnitelle e forse di qualcun'altro in altre aree del territorio, sicuramente più remoto nella costruzione e comunque posizionato altrove.
Sulla base della notizie e delle documentazioni di cui disponiamo è probabile che non riusciremo a rispondere esaurientemente al quesito che abbiamo posto all'inizio di questo testo. Ma, in fondo ed in verità, il nostro intento più coinvolgente è di narrare il come, il perchè della vita contadina nel territorio paesano sin dall'arrivo delle popolazioni arbëreshe sino sostanzialmente ai giorni recenti. Abbiamo scelto una angolatura per scrivere su Contessa.

Sui mulini ad acqua in Sicilia esiste una vastissima letteratura ed anche qualche carteggio di provenienza locale -di assoluto interesse- che ci proponiamo di usare per attingervi notizie circa lo stato giuridico degli impianti molitori. 
Si tenga infatti presente che fino al 1806 in Sicilia non esisteva la proprietà privata e conseguentemente prima di quell'anno gli impianti molitori, come del resto qualsiasi bene immobile o di sfruttamento delle risorse della natura, poteva appartenere esclusivamente ai baroni (res reservata). 
Rarissimamente in Sicilia i baroni affidavano il controllo e/o la gestione dei mulini alle Universita' (=gli amministratori dei Università, gli odierni Comuni, che peraltro diventavano amministratori comunali su scelta e piacimento baronale).

Non solamente i mulini erano pertinenza baronale, ma anche i "corsi d'acqua" in quel finire del Quattrocento erano proprietà esclusiva dei baroni e solamente loro potevano decidere ed autorizzare uso e consumo nonchè percorsi e potenziali derivazioni.
Ovviamente i baroni -che per quanto attiene l'attuale territorio di Contessa erano solamente due, il Monastero di Santa Maria del Bosco nella persona del Priore e successivamente dell'Abate su alcuni feudi, e la famiglia dei Cardona su tutti gli altri feudi-. 
Essi affidavano, o meglio concedevano,  la conduzione dei molini (a gabella) a persone da loro liberamente -o quasi- scelte. 
Il "quasi" vuole evidenziare che la gabella poteva essere affidata a chi aderiva alla corporazione dei mugnai; corporazione a cui si aderiva per nascita e per esercizio professionale da padre in figlio. Le corporazioni di artigiani che in alcune località erano definite "confraternite"  praticavano lo stesso mestiere riuniti in ministeria, “espressioni di un sistema vincolistico sopravvissuto” sia per l’area del nord Italia, sia in tutta l’area dell'Italia meridionale che era stata prima bizantina, poi araba etc.. .

Compito primario di ogni corporazione era la difesa del monopolio dell'esercizio del proprio mestiere oltre che promuovere in determinati periodi dell'anno benefici alle famiglie più bisognose.

Aspetto di interesse circa la ricerca e la divulgazione che ci siamo proposti di fare è che gli abitanti di un dato centro abitato erano obbligati a macinare il loro frumento nei mulini situati all'interno dell'Università (ossia del paese di appartenenza) onde evitare che il reddito di imposta che si pagava al mugnaio andasse a finire ad altra "università", ossia ad amministrazioni comunali diverse da quelle di residenza. 
Con quanto adesso rievocato possiamo da subito rilevare che in quei secoli non esisteva la "libera circolazione" nè delle persone nè dei beni, e quindi del grano e/o della farina.

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