EUGENIO SCALFARI
QUALCHE amico laico e miscredente mi ha avvertito
alcuni giorni fa che io parlo e scrivo con troppa frequenza di papa Francesco e
ad un pubblico come il nostro di Repubblica e dell'espresso non piace.
Al mio
pubblico io tengo molto, ma non si tratta ne di una civetteria né d'un
improvviso mutamento di opinione. E tantomeno d'una nuova linea del nostro
giornale e del nostro editore. Si tratta invece di Francesco Vescovo di Roma e
Capo di santa romana Chiesa.
Dopo averlo conosciuto la prima volta sette od otto
mesi dall'inizio del suo pontificato, a chiusura del nostro primo colloquio gli
chiesi: «Santità, qual è la funzione delle donne nella vostra Casa? Non parlo
soltanto delle suore che vivono in conventi, opera no negli ospedali, coltivano
la terra e soprattutto pregano; parlo delle donne in generale, dei loro
sentimenti, dei loro pensieri e del loro istinto femminile ed anche, se mi
permette, dei loro diritti. Per voi, presbiteri, vescovi, sono nulla? Sono una
specie subordinata in compiti di moglie, madre, figlia obbediente alle
decisioni dei genitori».
«Le rispondo in un solo modo che rispecchia però la
pura verità: la Chiesa è femminile». Risposi che non capivo e Lui a sua volta,
scandendo le sillabe, ripetè: «La Chiesa è femminile. Maria è la nostra madre
che intercede per noi; ma non è solo questo. La Chiesa detesta la guerra, ama i
propri figli, li educa al bene, aiuta i poveri, i malati, i derelitti, ama il
prossimo e detesta chi violenta. Non sono valori femminili?».
«LEI LO
dice ed è certamente vero, ma nella Chiesa dove pure questi valori ci sono,
anche se non sempre, ma in tutte le epoche: e non da parte di tutti i suoi
mèmbri, le donne non hanno alcuna importante funzione. Neppure le suore dei
vari ordini. Sono centinaia di migliaia in tutto il mondo ma contano niente.
Dipendono da un presbitero o da un suo delegato. Non capisco il senso di tutto
ciò se la Chiesa è femminile come Lei dice e pensa». Stavamo salendo la breve
scala che dalla sala di Santa Marta arriva al portale d'uscita ed eravamo fermi
a metà. Fuori - ricordo - c'erano nuvole e lembi d'azzurro. Francesco disse:
«Lei ha ragione. La tradizione dei secoli si è fatta lì, non è opera delle
donne, e non riconosce i loro diritti nella Chiesa e nella vita».
«Non sarà una
battaglia facile. Santità». «Temo di no e non credo per cattiveria ma perché le
tradizioni fanno parte della storia di ogni comunità e spesso diventano
dottrina. Per aprire le porte ci vuole del tempo, questo del resto è uno degli
obiettivi del Vaticano II. Quando venni insediato il compito che mi è stato
assegnato fu proprio quello di portare a termine le indicazioni di quel
Concilio, la principale delle quali è l'incontro con la modernità. Questo è ciò
che mi sento di dirle. Lei però non parli di questo fino a quando l'opera che
intendo svolgere non sarà cominciata».
Fu in quel momento e su quel tema che
diventammo amici. Francesco arrivò alla porta d'entrata e la mia automobile mi
attendeva. Lui mi abbracciò ed io feci altrettanto, profondamente commosso, e
fu in quel momento che capii che Francesco era un Papa rivoluzionario come
pochi c'erano stati prima di lui.
Ora è cominciato nella Chiesa il movimento
affinchè le donne partecipino alla liturgia nei limiti che sarà opportuno
prevedere.
Di queste cose non debbo parlare? Io non credo e penso che anche i
miei lettori, tanto più se laici, vogliano i diritti per tutti e questa deve
essere una battaglia laica per eccellenza, ne sono sicuro e perciò vado avanti.
Scritto questo prologo (che è per quanto mi riguarda il tema ben più d'un
prologo) vengo ad un problema che ho già più volte trattato e recentemente
nell'articolo pubblicato giovedì scorso: l'Europa, i suoi guai, la sua
drammatica disarticolazione, la mancanza di uno spirito unitario che la
rinsaldi e la faccia uscire dall'abisso in cui sta cadendo. Mi rivolsi a Renzi e
alla sinistra italiana ( ed europea) affinchè si dessero
carico di questo difficilissimo compito.
Dalla sinistra non ho avuto alcun
riscontro salvo quello di Alfredo Reichiin che mi conosce e mi stima. Quanto a
Renzi, mi ha telefonato (del tutto inconsueto) dicendo che il tema Europa è
appunto centrale come lui ha già compreso e ad esso si dedicherà con il massimo
impegno per risvegliare lo spirito dei fondatori (Adenauer, De Gasperi,
Schuman) e l'ideale di Altiero Spinelli.
Se i suoi dissidenti faranno
altrettanto, come si augura, il partito marcia compatto verso un traguardo che,
se raggiunto, risulterà una vittoria storica dell'Italia moderna. Poi si è
parlato d'altro e spesso da posizioni contrastanti, ma su questo non ho da
riferire, le comunicazioni sono private ed io questa la considero tale. Renzi
del resto fa altrettanto.
A proposito del nostro ruolo in Europa ci sono però
alcune cose della massima importanza storica che debbono essere ricordate. Gli
italiani ( e gli europei con un mimmo di cultura ) li conoscono ma spesso non
ci pensano e di fatto se scordano. Dunque parliamone noi.
Anzitutto siamo tra i
Paesi fondatori dell'unione della Comunità del carbone e dell'acciaio e tra i
cinque Paesi che firmarono i trattati di Roma nel 1957. Ma c'è un precedente molto
più antico che cominciò duemila anni fa ai tempi di Giulio Cesare, Augusto,
Germanico, la conquista della Gallia e della Spagna, della costiera
mediterranea africana, della Germania, fino a Traiano e poi Adriano che segnò i
confini dell'Impero ivi compresa una parte meridionale dell'attuale
Gran Bretagna, l'Egitto, il Medio Oriente, e ovviamente la Grecia, l'IlIiria e i
Balcani.
Prima di allora l'Europa era un continente percorso da popolazioni
vaganti e selvatiche, prive di residenza e dedite al saccheggio di regni e
città che venivano rase al suolo. Da questo punto di vista è Roma ad aver
costruito l'Europa. Sono passati i millenni, ma purtroppo in vario modo anche
per la più becera demagogia destinata ad influire sulla conquista del potere.
Questo accade sempre e dovunque, ma resta il fatto storicamente avvenuto che
l'Europa è nata dall'esistenza di quell'Impero e delle sue propaggini
civilizzate.
Perfino il Cristianesimo diventò l'unica religione europea proprio
nei medesimi territori imperiali. Tant'è che nell'800 d. C. Cario Magno
resuscitò il Sacro Romano Impero, votato dai principi tedeschi e della Renania
ma legittimato dall'imposizione della corona sulla fronte dell'imperatore da
parte del Papa dell'epoca in San Giovanni in Laterano.
Tempi remoti, ma è bene
non dimenticarseli perché resta il fatto che l'Europa è nata dall'Impero dei
Cesari. C'è dell'altro però, più moderno e di non minore importanza. Si chiama
Rinascimento e si svolge tra l'inizio del Quattrocento terminando all'inizio
del Seicento diffondendosi dall'Italia in tutta Europa: cultura, reperimento di
testi antichi ( cardinal Bellarmino ), diffusione della stessa lingua nelle sue
trasformazioni locali in tutti i paesi latini (Italia, Francia, Spagna,
Portogallo), scienza politica, scienza storica, scienza astronomica, pittura,
musica. I nomi nei vari settori sono noti: al vertice trecentesco troneggia
Dante. Esiste una triade che non si può eguagliare e in ordine di tempo si
tratta di Omero (o chi per lui). Dante, Shakespeare. Ma poi in Italia Petrarca,
Machiavelli, i Medici, le corti d'Esté e di Urbino, i comuni di Lucca e
soprattutto di Firenze, Milano. E non dimentichiamo i nomi di Piero della
Francesco, Raffaello Sanzio, Ariosto, Vico. Montaigne conservava molti dei loro
volumi nella sua libreria e del resto dopo di lui la cultura moderna che
sfocerà nell'Illuminismo franco-inglese comincia con Vico. A quell'Illuminismo
noi abbiamo partecipato con i fratelli Verri, con Cesare Beccaria e con l'abate
Galiani. In sostanza Italia ed Europa sono nate insieme e il nostro Paese ha
dato uno dei contributi maggiori e forse il primario rispetto ad altri insieme
alla Francia, alla Spagna e all'Inghilterra, senza ricordare le Repubbliche
marinare di Venezia e di Genova, Cristoforo Colombo compreso. Per questa ragione noi dobbiamo
batterci e ne abbiamo pieno diritto e titolo per l'Europa unita; il risultato
caro Renzi non sarà certo immediato ma dà al nostro Paese un ruolo che
altrimenti non avrebbe e che può rendere l'intera politica italiana diversa da
quella che finora è stata. Spero che tu te ne ricordi e ne tragga i frutti
facendo risorgere il nostro continente dalle rovine nelle quali attualmente si
trova.
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