Il Reclutamento,
Nel 1883 Papa Leone XIII,
indisse –se così si può dire- un reclutamento di nuove leve per il Monastero Esarchico
di Grottaferrata.
Sin dal Medio Evo il monastero
aveva avuto una “caduta”, un forte declino nel conservare e salvaguardare il
rito greco, motivo questo per il quale i Papi si proponevano da sempre di tenerlo in
vita lì, alle porte della Roma latina.
Mai in quel Monastero erano
stati ammessi degli arbëresh. Era stato fondato nel 1004 e solamente quando venne
istituita la Congregazione Basiliana nel 1597, a cui il Monastero fu aggregato,
esso venne in contatto col Monastero Basiliano di Mezzojuso che
successivamente, nel 1664, fu sottoposto alla diretta dipendenza del Generale
dell’Ordine.
Il 14 aprile 1881 al Monastero
di Grottaferrata fu ingiunto –da Roma- di riprendere integralmente, senza alcuna
inclinazione verso il rito romano, l’osservanza del rito greco (cosa che oggi 2016 Roma dovrebbe
imporre verosimilmente alla Curia di
Piana degli Albanesi, ma questo è un altro discorso).
Fu il Papa direttamente a gestire
il cambio di rotta del Monastero.
Dispose che Mons. Serafino Cretoni, segretario di una
Congregazione vaticana, spedisse una Circolare a tutti i Vescovi nelle cui circoscrizioni
risiedessero greco-bizantini perché mandassero
giovani ad essere educati in Grottaferrata.
All’appello disposto da
Leone XIII risposero solamente le comunità italo-albanesi d’Italia.
Riporta in
un suo lavoro Stefano Parenti, da cui abbiamo attinto queste notizie, che il 31 marzo 1883 l’abate Pellegrini scrive a
Mons. Cretoni:
“attendo di giorno in giorno
due giovanetti greco-albanesi di Sicilia,
i quali vengono per abbracciare la vita religiosa. Per tutte le debite
informazioni ho trattato direttamente con la Curia (ndr di Monreale).
Il 4 aprile 1883 giunsero a Grottaferrata
due ragazzi contessioti.
Negli atti del Monastero si
legge: “Sul mezzodì arrivarono dalla Sicilia due giovinetti di origine greca (sic!)
nati a Contessa Entellina, diocesi di Monreale, l’un di 14 anni detto Castrenze
Buccola, figlio di Vittoriano e Maria La Manna, l’altro di dieci detto
Salvatore Gassisi, del fu Calogero e della vivente Antonina Schirò.
All'aspetto simpatizzarono e furono ricevuti con piacere anche perchè venivano come probanti, primo seme di un Collegio monastico, che il S. Padre vuole impiantare fra noi".
I due contessioti, due giorni dopo, posarono per il fotografo (vedi accanto).
Dopo qualche mese, insieme ad altri giovani provenienti da Piana e da Palazzo Adriano, arrivò un altro contessioto, Salvatore Abate.
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