La libertà religiosa per gli arbëresh
L’organizzazione episcopale esistente
in Sicilia nella seconda metà del Quattrocento, quando cominciarono ad arrivare
gli arbëresh risaliva alla fine del ’200 e si mantenne pressoché immutata fino
all’inizio dell’800, con le tre sedi arcivescovili
--di Palermo (con le suffraganee di
Agrigento, Mazara e Malta),
--di Messina (suffraganee Cefalù e
Patti)
--e di Monreale (suffraganee
Catania e Siracusa).
I due quasi-vescovati erano
---l’abbazia di S. Lucia del Mela
(appannaggio del cappellano maggiore del regno, titolare della giurisdizione
sul clero palatino)
---e l’archimandrato del SS.mo
Salvatore di Messina (monastero-capo delle abbazie basiliane, concentrate nella
Sicilia nord-orientale, con giurisdizione su una dozzina di piccoli centri e
casali),
che ricevettero l’equiparazione alla dignità episcopale tra il 1602 e
il 1616, la prima, e nel 1635, il secondo.
Gli arbëresh di Sicilia furono da prima -nella fase iniziale del loro arrivo in Sicilia- sottoposti ai vescovi ortodossi nominati dal patriarcato di Ocrida (odierna Macedonia) aventi giurisdizione su tutta l'Italia, ma dopo il Concilio di Trento furono (d'ufficio) frammentati: quelli di Piana sotto il Vescovo romano di Monreale, quelli di Contessa e Palazzo Adriano sotto il vescovo romano di Agrigento quelli di Mezzojuso sotto il vescovo di Palermo.
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