NICOLA ZINGARETTI, presidente regione Lazio
Evvai! Sadiq Khan è il nuovo sindaco di Londra.
Alla faccia di chi pensa che i problemi si risolvono con l'odio
FEDERICO MELLO, giornalista de Il Fatto Quotidiano
Il sindaco diuna grande capitale occidentale è ora di religione musulmana.
Grande orgoglio quando l'Europa si conferma una società aperta.
TOMASO MONTANARI, storico dell'arte
«Lo sviluppo della cultura che la Repubblica è chiamata a promuovere, secondo l’articolo 9 della Costituzione, non può essere inteso come mero sfruttamento economico del patrimonio. Invece, pare questa la logica del governo Renzi che sacrifica la tutela del paesaggio e del patrimonio, subordinandola alla filosofia dei beni culturali come pozzi petroliferi».
RICARDO FRANCO LEVI, politico e giornalista
Platone sosteneva che in una società bene ordinata nessuno dovesse guadagnare più di cinque volte il salario dei lavoratori più umili. Resta da chiarire se il grande filosofo, che personalmente ne possedeva cinque, includesse nel conto anche gli schiavi di cui Atene era ricca. Quel che è certo è che la sua tesi è risuonata nei secoli, pur variando nel rapporto considerato come ottimo, portato nel secolo scorso a 10 a 1 dallo scrittore George Orwell e a 20 a 1 dal banchiere John Pierpoint Morgan. Cifre che sono state tutte travolte negli ultimi anni dall’esplosione dei compensi votati a favore dei grandi capi, arrivati a valere molte centinaia di volte i salari medi dei loro dipendenti.
Le valgono, se le meritano queste montagne di soldi i supermanager? Di certo non tutti. Dei 70 milioni di sterline, per la più gran parte costituiti da premi legati ai risultati di bilancio, complessivamente incassati lo scorso anno da Martin Sorrell, fondatore e grande capo di WPP, il maggior gruppo mondiale della pubblicità, si può dire che riflettano i successi conseguiti sotto la sua guida.
La stessa cosa si può ripetere per i 50 milioni e più di euro riconosciuti lo scorso anno a Sergio Marchionne, indiscusso protagonista, dall’acquisto della Chrysler in avanti, delle fortune della Fiat e di gran lunga il più pagato dei manager italiani. Ben altra e scandalosa cosa è la buonuscita di 4 milioni di euro che ha accompagnato alla porta della devastata Popolare di Vicenza l’ex amministratore delegato Samuele Sorato. E il suo non è sicuramente un caso isolato.
Ma si ammetta pure che nel mondo delle imprese cifre a sette zeri siano il riflesso dell’eccezionale valore di grandi dirigenti in modo non dissimile da quanto succede nello sport per i massimi campioni o nel cinema per le grandi star. Basta per dire che sia giusto, che sia opportuno pagare somme così grandi, pari a multipli enormi di quelli incassati dalla media dei lavoratori? Basta in una lunga stagione segnata dalla crisi?
TOMASO MONTANARI, storico dell'arte
«Lo sviluppo della cultura che la Repubblica è chiamata a promuovere, secondo l’articolo 9 della Costituzione, non può essere inteso come mero sfruttamento economico del patrimonio. Invece, pare questa la logica del governo Renzi che sacrifica la tutela del paesaggio e del patrimonio, subordinandola alla filosofia dei beni culturali come pozzi petroliferi».
RICARDO FRANCO LEVI, politico e giornalista
Platone sosteneva che in una società bene ordinata nessuno dovesse guadagnare più di cinque volte il salario dei lavoratori più umili. Resta da chiarire se il grande filosofo, che personalmente ne possedeva cinque, includesse nel conto anche gli schiavi di cui Atene era ricca. Quel che è certo è che la sua tesi è risuonata nei secoli, pur variando nel rapporto considerato come ottimo, portato nel secolo scorso a 10 a 1 dallo scrittore George Orwell e a 20 a 1 dal banchiere John Pierpoint Morgan. Cifre che sono state tutte travolte negli ultimi anni dall’esplosione dei compensi votati a favore dei grandi capi, arrivati a valere molte centinaia di volte i salari medi dei loro dipendenti.
Le valgono, se le meritano queste montagne di soldi i supermanager? Di certo non tutti. Dei 70 milioni di sterline, per la più gran parte costituiti da premi legati ai risultati di bilancio, complessivamente incassati lo scorso anno da Martin Sorrell, fondatore e grande capo di WPP, il maggior gruppo mondiale della pubblicità, si può dire che riflettano i successi conseguiti sotto la sua guida.
La stessa cosa si può ripetere per i 50 milioni e più di euro riconosciuti lo scorso anno a Sergio Marchionne, indiscusso protagonista, dall’acquisto della Chrysler in avanti, delle fortune della Fiat e di gran lunga il più pagato dei manager italiani. Ben altra e scandalosa cosa è la buonuscita di 4 milioni di euro che ha accompagnato alla porta della devastata Popolare di Vicenza l’ex amministratore delegato Samuele Sorato. E il suo non è sicuramente un caso isolato.
Ma si ammetta pure che nel mondo delle imprese cifre a sette zeri siano il riflesso dell’eccezionale valore di grandi dirigenti in modo non dissimile da quanto succede nello sport per i massimi campioni o nel cinema per le grandi star. Basta per dire che sia giusto, che sia opportuno pagare somme così grandi, pari a multipli enormi di quelli incassati dalla media dei lavoratori? Basta in una lunga stagione segnata dalla crisi?
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