Vassallaggio
nello "Stato feudale di Contessa"
Lo abbiamo trattato in più occasioni,
ma tornare sull’argomento non fa male: gli arbëresh come vissero la politica locale dalla fondazione
di Contessa al 1812?
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I quattro giurati rimanevano in carica per un anno e curavano l’amministrazione civica:
-avevano la rappresentanza
dell’Università e coadiuvati dal sindaco ne gestivano il patrimonio comune,
-curavano l’imposizione
fiscale,
-si occupavano dell’annona,
- fissavano i prezzi (mete) di
alcuni generi, regolandone il commercio,
-provvedevano all’edilizia
urbana e all'igiene pubblica,
-svolgevano mansioni di
polizia locale, servendosi della collaborazione dei maestri di piazza o acatapani
(preposti all’annona).
Il feudatario (che fosse Cardona, Gioeni o Colonna) si avvaleva inoltre di soggetti non dotati di potestà di governo, le
cui mansioni attenevano prevalentemente alla sfera
patrimoniale. Il feudatario, infatti, oltre al governo della
comunità traeva i suoi ricavi dalla gestione dei feudi (esclusi i due affidati in enfiteusi agli
gli arbëresh: Serradamo e Contesse)
Curava infatti mediante persone e
famiglie di sua fiducia gli affari –diciamo così- privati.
Costoro
-tenevano in ordine le
scritture,
-riscuotevano il denaro dei
debitori,
-sorvegliavano gli affitti.
I rapporti di produzione e
gestione delle aziende feudali (la masseria di Vaccarizzo e altre ancora) spettavano alla corte secreziale, a capo della quale
c’era il secreto (o governatore), una sorta di alter ego locale del feudatario, «il padrone assente», che in linea
generale era scelto tra i «soggetti più qualificati del paese» per evitare che il concetto d'autorità subisse lesioni.
In qualità di sovrintendente, il “secreto” vigilava perché tutti i subalterni, pubblici
e/o dell’azienda feudale facessero «bene, puntualmente e fedelmente, il debito
loro» nelle rispettive mansioni.
Il secreto era insomma la
persona più rappresentativa del paese, dal momento che a lui faceva capo non
solo l’amministrazione della secrezia (l’azienda dei feudi), ma anche
dell’università.
La sua presenza era inoltre
necessaria, per la validazione dei provvedimenti, quando si appaltavano le
gabelle, tanto dei feudi quanto quelle
dell’università.
Spettava al “secreto” insediare
la
-corte capitaniale
-e la corte giuratoria
A lui il capitano doveva
relazionare in merito ai carcerati e ai delitti loro contestati; nelle sue mani
i giurati e il sindaco inginocchiati uno alla volta giuravano «di bene
amministrare l’impiego, secondo il servizio di Dio, del re, del padrone dello
stato e del pubblico».
E' ovvio che dalla concessione da
parte del feudatario di cariche pubbliche, onorificenze, titoli, all’interno dello
stato feudale di Contessa si determinarono nel tempo i processi di ascesa sociale di alcune famiglie dipendenti, in relazione al loro ruolo, dallo stesso
feudatario.
Gli spazi -verosimilmente non ampi- di mobilità sociale alimentarono la dialettica politica locale che contrapponeva le famiglie emergenti fra loro per il
controllo delle cariche pubbliche più importanti e l'inevitabile conflittualità tra esclusi e integrati nel sistema di
potere, per quanto questo potesse essere subordinato.
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