La cultura per capire la società ed il mondo in cui viviamo. E' questo il percorso che ci proponiamo di seguire.
L'idea che abbiamo sviluppato finora è che l'accezione di "cultura" che prevale è quella di tipo sociologica e/o antropologica che assomma a sè gli usi ed i costumi di un popolo, di un gruppo, di una categoria sociale:
-modi di pensare (cultura spirituale)
-modi di fare (cultura materiale, compresa l'alimentazione)
-vita consolidata, autoreferenziale,
-cultura maya, cultura cinese, cultura arbëresh ...
-subculture come quella giovanile etc.
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Ai nostri giorni è frequente il tentativo delle culture prevalenti, dominanti, di prevaricare e di "colonizzare" le culture più fragili, meno diffuse, meno capillari sui territori.
In questi casi i contesti forti, quelli prevalenti nel tessuto sociale di un territorio, non esitano a mettere in campo l'acculturazione (o l'inculturazione) sulla cultura minoritaria. Questo ha tentato di fare l'Italia fascista sui popoli sottomessi della Libia islamica, sull'Etiopia cristiana orientale, e questo hanno fatto tutti i paesi europei colonizzatori nei territori extraeuropei.
Altro processo di acculturazione che oggi possiamo, se teniamo occhi aperti, vedere è quello che arriva dagli Stati Uniti con la macdonaldizzazione dei consumi alimentari; è una acculturazione allo stile di vita statunitense più sottile, meno rude del colonialismo di altri tempi.
Il processo di portare sul pianeta "omogeneizzazione", uniformazione degli stili di vita, e la stessa visione del significato della vita, nel passato era affidato alle religioni, al proselitismo, poi agli eserciti con le guerre e gli stermini, ed oggi è affidato in linea generale alle dinamiche socio-economiche e politiche, che -se teniamo gli occhi aperti- non hanno nulla a che fare con le culture, col "fare cultura".
Il Potere, nel corso di queste nostre puntate lo scopriremo, è il nemico delle varie culture diffuse, delle visioni sul significato della vita, sul plurale ed il vario che caratterizza la "bellezza" del mondo. Ma non è solo il Potere il nemico della "cultura" a cui ci stiamo interessando: esiste un legame, sottile e consistente nello stesso tempo, tra economia/cultura.
Riflettendo sulla nostra realtà,
quella di minoranza etnico-religiosa
Se il lettore ha seguito i numeri precedenti della rubrica dedicata alla "cultura" avrà, a questo punto capito che la cultura non è altro che espressione, è comunicazione, quindi dialogo, scambio. Essa ha bisogno di consolidarsi e di evolvere nello stesso tempo.
La cultura si trasforma, si arricchisce ma mantiene quella che è la sua caratteristica prioritaria: essere espressione di creatività, saper guardare -con i propri occhi ed il proprio essere- oltre l'orizzonte.
Perchè la cultura arbëresh, la lingua arbëresh, la ritualità religiosa bizantina si mantengano integre ed evolutive nel contempo è necessario che vengano apprese, divulgate, comunicate ed ostentate agli altri che sono in buona fede e denunciate "ad alta voce" a chi da "ottuso" intende opporre la propria visione.
Nessuno, che sia Autorità pubblica o Prelato di chiesa, può provare ad omologare (umiliare) il patrimonio culturale di qualunque comunità che possegga Storia, Tradizioni, Lingue e Visioni differenti.
Contro gli arbëresh e la loro cultura non si è atteso l'arrivo della "globalizzazione" per omologarli. Sul piano rituale-religioso si provò sia prima che dopo il Concilio di Trento (tempi di inquisizione, quelli) a farli sparire.
Si prova, probabilmente, ancora ai nostri giorni grazie alle menti ottuse (saranno poche, ma fanno danno) che regnano in Vaticano, nonostante oggi il cattolicesimo disponga di un Papa "aperto" e rispettoso del vario e del bello che splende nel mondo.
Oggi la cultura di tutte le comunità, linguistiche, tradizionali, religiose sono protette dal Diritto internazionale e, in Italia, da una specifica normativa per le minoranze etnico-linguistiche. Nonostante ciò, basta un Preside o un Provveditore o anche un Sindaco "ottuso", non sensibile ai valori culturali, che le tutele diventano "incomprensioni" e impacci.
Sul piano rituale-religioso bizantino la comunità degli arbëresh è tutelata dagli atti varati in sede conciliare dal Vaticano II e in sede sinodale dal Grottaferrata II. Però basta un alto Prelato romano, un sottosegretario di quella Congregazione o dell'altra Congregazione che abbia perso il treno dell'apertura mentale sul valore culturale del vario, del diverso, della bellezza, della Storia dell'uomo, dell'uomo qualunque che viva in qualsiasi parte del pianeta per vanificare Vaticano II e Grottaferrata II.
Oggi serve l'incontro delle culture
Incontro di culture significa incontro di tradizioni e di creativitào, incontro di "menti", prima ancora che di corpi, prima ancora che di sincretismo. La cultura è nient'altro che tradizione culturale di un popolo, di una comunità.
"Fare cultura" non è altro che operare in direzione della garanzia dell'identità storica per la crescita creativa e progettuale; Il Potere che ignora questo orientamento non è altro che un Potere ottuso.
L'uomo di cultura sa che possiede identità solamente l'uomo che possiede tradizione. Chi non ha tradizione non possiede volto da proporre sui tavoli del dialogo, della creatività e dell'innovazione (che non significa sincretismo).
La cultura, ai nostri giorni, è
considerata un "b-e-n-e" non solo immateriale ma anche materiale. Se
si possiedono politici all'altezza del compito a cui sono chiamati, i territori
che possiedono emergenze e tradizioni culturali costituiscono un volano per
l'economia zonale.
Questo vuole significa l'espressione "giacimento
culturale".
L'on.le Francesco Di Martino, divenuto deputato dell'Ars, di questo si occupò quando tirò fuori dal dormitorio la legge sulle minoranze linguistiche in Sicilia (in
coordinamento con l'on.le Petrotta).
Oggi purtroppo i politici coltivano, al pari dei
grandi Prelati, ottusità ed ignoranza.
Certo in passato ad occuparsi di
valorizzazione dell'uomo, dell'essere umano, era la religione, era l'umanesimo
culturale.
Oggi a tutela delle minoranze etnico-linguistico-religiose dovrebbe muoversi la politica sia per salvaguardare i diritti dell'uomo che
per inseguire, sul piano dell'economia, il "paradigma del progresso
economico", la "valorizzazione del Bene", la
"riqualificazione", la "domanda ed offerta turistica", la
"industria culturale", lo "start up", tutte espressione che
originano dalla scienza economica, piuttosto che -come ricordato sopra dalla
religione o dall'umanesimo cristiano-.
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