La storia non è costruita soltanto dal potere, che come un
unico attore protagonista, scrive anche il copione degli eventi, e dirige la
macchina da presa.
Mentre papi ed antipapi, despoti e statisti, politici e pagliacci si sono succeduti nelle vicende pubbliche, il cittadino suo malgrado, è riuscito negli ultimi decenni a migliorarsi.
Rimasto sullo sfondo della scena, e trascurato a lungo come elemento neutro del paesaggio, oggi non è più solo spettatore passivo, come registi e produttori lo vorrebbero relegato.
Uno dei risvolti migliori della modernità e dell’accresciuta consapevolezza di sé che la caratterizza, consiste nell’apprendere a non fondare l’etica sul primato dell’autorità.
Lo stesso costante richiamo alla morale, la rende soggetto autonomo e bisognoso di indipendenza nei propri criteri di interpretazione.
Le chiese si svuotano ma la spiritualità cresce, non si crede più nei politici, ma si difende la costituzione: ci si affida alla ricerca del bene e del vero, come bussola del proprio cammino, anche se nelle chiacchiere ci lamentiamo del contrario.
La parola chiave di questa nuova frontiera, non demarcata da una linea temporale precisa, è: sensibilità.
E’ il tratto che forse più ci caratterizza, ed il suo sviluppo è un sintomo dell’atteso progresso interiore, giunto in clamoroso ritardo sulla tecnica e l’economia.
La sensibilità declina meglio di ogni altra categoria
psicologica ciò che in definitiva siamo, come disse già Marco Aurelio,
affermando che un uomo vale
quanto le cose che lo interessano.
La personalità matura tratta con rispetto le istituzioni, nella
totale libertà interiore dalle pressioni etiche che ne riceve, rispedendole
serenamente al mittente con doverosa fermezza.
Vive nella convinzione del diritto ad una felicità, che includa
le aspettative dei propri simili per non renderla ingiusta ed impossibile.
Non si è più disposti a seguire obblighi che proclamino il
sacrificio di sé ordinato da altri, come criterio di compimento del proprio
destino.
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