L’amaca di Michele Serra (Repubblica 9.9.15)
Il premier ungherese Orbán deve avere appena riletto i “Tre porcellini”. Se il riparo di filo spinato viene spazzato via, ne costruisce uno rinforzato. Quando anche quello sarà travolto, ne farà uno di mattoni. Non ha ancora capito che nessun muro è in grado di fermare il lupo che tanto lo terrorizza: la Storia, che quando batte alle nostre porte non ammette sordità o rifiuto.
Nel frattempo l’ex premier, il socialista Gyurcsàny (poi dicono che non c’è più differenza tra destra e sinistra…) sfida le nuove leggi xenofobe introdotte da Orbán e ospita profughi in casa sua. Rischia l’accusa di attività antipatriottiche, che da che mondo è mondo è uno dei cavalli di battaglia di ogni regime autoritario.
A questo proposito sia detto, con parecchio dispiacere, che oggi di questo Orbán si parla parecchio per via dei suoi goffi muretti; ma quando, per diversi anni, intellettuali ungheresi (una per tutti, Ágnes Heller) lanciavano l’allarme sulle leggi discriminatorie, l’antisemitismo, il nazionalismo fobico di quel truce governo, e chiedevano aiuto all’Europa, non hanno avuto che qualche distratto cenno di simpatia.
Se ci si accorge della malattia solo quando la febbre è ormai altissima, vuol dire che gli anticorpi dell’Europa funzionano piuttosto male.
La riforma del processo di annullamento del matrimonio religioso presentata dal Papa ieri rappresenta una forte semplificazione e democratizzazione. L’eliminazione della doppia sentenza conforme riduce i passaggi. E accorcia notevolmente i tempi. Nella stessa direzione va anche l’estensione della facoltà giudicante a tutti i vescovi diocesani, perché riduce le code, quindi i tempi d’attesa. In più, e forse più importante, rende più facile ai fedeli, specie a quelli in condizione più modesta di accedere al giudizio, senza doversi sottoporre a viaggi costosi e per molti assolutamente impossibili.
Si tratta di un allargamento democratico, dell’instaurazione di una giustizia di prossimità, analoga a quella introdotta, per ora solo eccezionalmente in occasione del Giubileo della misericordia, per l’assoluzione dal peccato (per la Chiesa) di aborto, con l’estensione di questa facoltà a tutti i sacerdoti, e non solo ad ecclesiastici specializzati. Se poi il processo diverrà gratuito per tutti, come chiede il Papa, il processo di democratizzazione sarà più completo, eliminando le distinzioni tra chi può permettersi gli oneri finanziari del processo e chi non può, o deve chiedere il gratuito patrocinio dimostrando di non avere mezzi. Come scrive il Papa nella lettera Motu proprio che presenta la riforma, in una materia che attiene alla salvezza delle anime, la Chiesa deve essere generosa e manifestare l’amore gratuito di Cristo. Un atteggiamento che sembrerebbe ovvio, ma evidentemente non lo è stato per molto tempo.
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