18 Settembre
In Libano a Sabra e Shatila (in arabo: صبرا وشاتيل), nei due campi di rifugiati palestinesi alla periferia di Beirut in un’area direttamente controllata dall’esercito israeliano, dal 16 al 18 settembre 1982 si compie il massacro, ad operaI di milizie cristiane libanesi, di arabi palestinesi in un numero stimato in diverse centinaia di persone.
Gli stessi campi-profughi sono anche ricordati per successivi fatti di sangue avvenuti nel 1985–1987 e noti come Guerra dei Campi.
La guerra civile libanese (1975-1990) influì anche sul conflitto palestinese: infatti Israele sostenne militarmente con armi e addestramenti speciali la comunità cristiana dei maroniti e l’Esercito del Sud-Libano (cristiano-maronita) contro l’OLP e le forze armate siriane.
All’inizio di giugno del 1982 gli israeliani iniziarono l’assedio di Beirut e accerchiarono i 15.000 combattenti dell’OLP e dei suoi alleati libanesi e siriani all’interno della città.
All’inizio di luglio, il presidente degli USA Ronald Reagan mandò i propri inviati con l’incarico di risolvere la crisi. Cominciarono lunghe ed estenuanti trattative rese assai difficili dal fatto che gli Israeliani e gli Statunitensi non vollero discutere direttamente con i Palestinesi e i Palestinesi, asserragliati nella città, non vollero abbandonarla, perché temevano ritorsioni dei soldati israeliani e dei loro alleati falangisti. L’accordo fu firmato il 19 agosto, ma la situazione stava di nuovo per cambiare. Il 23 agosto del 1982 venne eletto Presidente del Libano Bashir Gemayel, che godeva del favore dei maroniti e di Israele.
Il primo di settembre l’evacuazione dell’OLP dal Libano era terminata. Due giorni dopo, le armate israeliane avanzarono e assediarono i campi-profughi palestinesi, venendo meno al patto siglato con gli eserciti cosiddetti “supervisori“, che però non fecero nulla per fermarle.
Il premier israeliano Menachem Begin convocò il neo-presidente Gemayel a Nahariya per fargli firmare un trattato di pace con Israele, anche se alcune fonti sostengono che Begin chiese a Gemayel di permettere la presenza delle truppe israeliane nel sud Libano. A Gemayel fu anche chiesto di dare la caccia ai 2000 guerriglieri palestinesi la cui presenza era stata denunciata da Sharon. Gemayel, anche a causa dei crescenti rapporti di alleanza con la Siria, dovette rifiutare di schierarsi dalla parte di una sola fazione, e non firmò il trattato.
Il 14 settembre 1982, Gemayel fu ucciso in un attentato organizzato dai servizi segreti siriani. Il 15 le truppe israeliane invasero Beirut Ovest. Con quest’azione Israele ruppe l’accordo con gli USA che prevedeva il divieto di entrare in Beirut Ovest e gli accordi di pace con le forze musulmane intervenute a Beirut e con la Siria.
In cerca di vendetta per l’assassinio di Gemayel e coordinandosi con le forze israeliane dislocate a Beirut ovest, le milizie cristiano-falangiste alle 18 circa del 16 settembre 1982, entrarono nei campi profughi di Sabra e Shatila. Il giorno prima, l’esercito israeliano aveva chiuso ermeticamente l’area dei campi e posizionato cecchini.
Le milizie cristiane lasciarono i campi profughi solo il 18 settembre. Il numero esatto dei morti non è ancora chiaro. Il procuratore capo dell’esercito libanese in un’indagine condotta sul massacro, parlò di 460 morti, la stima dei servizi segreti israeliani parlava invece di circa 700-800 morti.
Il Daily Maildel 20 settembre 1982 scrisse: « Nella mattinata di sabato 18 settembre, tra i giornalisti esteri si sparse rapidamente una voce: massacro. Io guidai il gruppo verso il campo di Sabra. Nessun segno di vita, di movimento. Molto strano, dal momento che il campo, quattro giorni prima, era brulicante di persone. Quindi scoprimmo il motivo. L’odore traumatizzante della morte era dappertutto. Donne, bambini, vecchi e giovani giacevano sotto il sole cocente. La guerra israelo-palestinese aveva già portato come conseguenza migliaia di morti a Beirut. Ma, in qualche modo, l’uccisione a sangue freddo di questa gente sembrava di gran lunga peggiore ».
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite condannò il massacro con la risoluzione 37/123 del 1982.
Nel 1983 la Commissione Kahan, chiamata a indagare sui fatti dalle autorità israeliane, giunse alla conclusione che i diretti responsabili dei massacri erano stati soprattutto Elie Hobeika, capo delle milizie cristiano-falangiste e nemico giurato dei palestinesi sin dall’inizio della guerra civile in Libano (1975-1990), e i suoi collaboratori.
La stessa Commissione però ammise indirettamente la responsabilità nel massacro, per non averlo saputo prevenire né stroncare mentre era ancora in corso, dell’allora ministro della Difesa israeliana, Ariel Sharon, sostituito da Moshe Arens. Venne ammessa anche la responsabilità dei comandi militari della forza d’invasione in Libano. A tutt’oggi questa è l’unica inchiesta ufficiale aperta sulla strage.
Nel giugno del 2001 la Corte di Cassazione belga aprì il processo su Sabra e Shatila in base alla legge del 1993, che assegnava competenza universale ai tribunali belgi per i crimini di guerra e contro l’umanità. Fu chiamato a testimoniare, sui rapporti che intercorrevano fra i falangisti e gli israeliani, Elie Hobeika ritenuto il responsabile materiale dell’eccidio.
Il 24 gennaio 2002 Elie Hobeika morì a Beirut in un attentato. Israele si oppose al tentativo belga di incriminare Ariel Sharon per il massacro, come altri paesi si opponevano all’incriminazione dei loro leader.
A causa di queste pressioni internazionali il parlamento belga rivide la legge, riducendo di fatto l’universalità della competenza.
La Corte di Cassazione del Belgio archiviò così le posizioni di Sharon e di altri politici mondiali.
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