Il problema della migrazione è mondiale e discende dagli squilibri, dalle sofferenze, dalle miserie. Possibile, vedi la soluzione Salvini, rinchiudersi nel nazionalismo? Come quello praticato anche da Hollande, con eserciti schierati alle frontiere, e come quello ungherese, che ha resuscitato antichi, tragici muri? Ma il fenomeno travolgerà militari e distruggerà muri se non risolviamo i problemi che lo hanno generato. Non solo esso discende dagli squilibri economici, ma oggi anche dalla guerre. Quelle accese nel continente africano, nelle espressioni di un integralismo terroristico di matrice islamista, ne sono palese dimostrazione. Non sono mai stato pacifista perché ho sempre pensato che pacifismo e indifferenza rischiassero di divenire sinonimi. Se c’è una guerra nel mondo interessa anche a noi e dobbiamo sempre assumerci le nostre responsabilità, a livello politico, diplomatico e se serve anche militare. Come scriveva Hemingway, la campana suona sempre per tutti.
E’ giusto nella contrapposizione tra nazionalismo e internazionalismo stare dalla parte di quest’ultimo perché nel nazionalismo sono incorporati quei valori di sufficienza, di egoismo, di indifferenza che lo stesso pontefice ha giustamente contestato. Ma se un governo del mondo, quello stesso che Dante Alighieri auspicava nel Trecento nel suo “De Monarchia”, è ancora lontano, anche se ad esso inevitabilmente si dovrà tendere, oggi va praticata l’accoglienza di tutti i profughi di tutto il mondo in nome dei diritti dell’uomo e sui migranti clandestini va individuato uno strumento credibile di riconoscimento e, se necessario, anche di respingimento.
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Ma non basta ipotizzare un nuovo moderno socialismo delle opportunità, delle equità, dei livellamenti degli squilibri.
Occorre esaltare, nel contempo, la nostra civiltà liberale, quella che ci è derivata dall’illuminismo, dal razionalismo, dai grandi ideali della rivoluzione francese. Perché anche questi oggi sono in discussione. La libertà non è una possibilità, non può essere barattata o equiparata ad altre concezioni della vita. La libertà è “a priori” di tutto. Lo dico soprattutto per coloro che provengono da altre tradizioni e da un’interpretazione estrema di una religione, perché non si scambi mai l’accoglienza con l’accettazione del valore della sopraffazione. Ma lo potrei ripetere anche per tutti coloro che provengono dalla nostra storia italica e oggi negano diritti e vincoli normati da leggi che esistono in tutti i paesi del mondo e che oggi vengono rispettati anche dalla Chiesa. Mille, centomila, o anche un milione che siano, anche se fossero la maggioranza, non importa. Nessuna maggioranza, mai, può abbattere i diritti delle minoranze. Lo dico a tutti i tagliagola delle libertà. Noi dobbiamo difendere i valori liberali, oggi in discussione, da concezioni barbariche o anche solo arretrate della vita, della famiglia, del rapporto tra stato e religione e tra religione e cittadini. Quella della lotta per il riequilibrio è ispirata a ideali di solidarietà che sono inscritti nella tradizione di un socialismo umanitario e cristiano. La lotta per affermare e difendere i valori della nostra civiltà è ispirata alla storia e alle accezioni del liberalismo innanzitutto francese e poi europeo e mondiale. E’ una lotta anche quest’ultima, della tolleranza contro l’intolleranza.
Lo sosteneva con chiarezza Karl Popper. Non si può essere tolleranti con gli intolleranti, altrimenti questi ultimi distruggeranno la nostra tolleranza.
Lo capiremo?
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