Sui controlli a distanza di pc, tablet e telefoni si alza il livello dello scontro. Per il segretario generale della Cgil
Susanna Camusso le novità introdotte col Jobs act rappresentano una forma «di spionaggio contro i
lavoratori. È difficile non chiamarlo Grande fratello». E Maurizio Landini (Fiom) aggiunge: «Il governo
trasforma il lavoro in merce e non rispetta i diritti». Per Carmelo Barbagallo (Uil) quello introdotto è
«l'ennesimo strumento di un neoliberismo dalla faccia buona, ma non meno sfrenato di quello antico».
«È
una norma che inquieta, va fatta chiarezza» dice Annamaria Furlan (Cisl). E a questo punto Cgil, Cisl e Uil
sono pronte a mobilitarsi. La difesa di Poletti Per cercare di placare la bagarre il ministero del Lavoro ha
diffuso ieri una nota nella quale spiega che non c'è nessuna liberalizzazione dei controlli, ma la nuova norma
si limita ad adeguare lo Statuto dei lavoratori alle innovazioni tecnologiche intervenute nel frattempo aiutando
a fare chiarezza ed aumentando le protezioni. Tra l'altro, le nuove regole, oltre ad imporre il rispetto assoluto
del Codice sulla privacy, prevedono che «al lavoratore venga data adeguata informazione circa l'esistenza e
le modalità d'uso delle apparecchiature di controllo»
Di cosa discutiamo ?
Smartphone
Con il nuovo decreto del Jobs Act per controllare computer,
tablet e telefoni cellulari messi a disposizione dell'azienda non sono necessari un permesso ministeriale o un
accordo sindacale
Badge
Lo stesso vale per i badge, i tesserini e gli altri strumenti che consentono alle
aziende di controllare e misurare gli accessi e le presenze al lavoro dei loro dipendenti.
I sindacati sono pronti
a dare battaglia
Telecamere
Le cose cambiano quando si tratta di impianti audiovisivi e altri strumenti: in
questi casi serve un accordo con Rsu e Rsa.
In mancanza di una intesa è necessaria l'autorizzazione della
Direzione territoriale del lavoro
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