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lunedì 28 luglio 2014

Il mondo mostra di disinteressarsi su ciò che succede tutt'attorno al bacino mediterraneo. Come mai ?

Il Mediterraneo è divenuto una polveriera a cielo aperto. 
1) Guerra fra Israele e Hamas,
2) Siria irriconoscibile
3) Libia in fiamme
4) Egitto, basta una scintilla ed esplode
5) L'Iraq, l'antica Mesopotamia in preda dei fondamentalisti
6) Russia-Ucraina in procinto di attizzare ...
  Eppure gli economisti attendono il crollo dell'ultimo impero superstite del pianeta: gli Stat Uniti d'America ? Non è un caso infatti che Obama alza la voce contro Putin ma guarda in casa propria dove tutto ... minaccia di ...

Un piano Marshall per gli USA?
di Fabrizio Pezzani,
prof. Ordinario di Programmazione e Controllo, Università Bocconi.

Alla fine della seconda guerra mondiale per la prima volta nella storia le nazioni vincitrici pensarono di non chiedere i danni di guerra come era stato fatto alla fine della precedente ma di aiutare le nazioni in difficoltà. 
Venne promossa un’imponente azione di aiuto e di solidarietà per superare le immense macerie fisiche e morali lasciate sul campo e negli animi. Fu avviato dagli Usa, a partire dal 5 giugno 1947, un piano di aiuti definito "piano Marshall" in memoria dell’economista inglese Alfred Marshall che non aderì mai all’utilitarismo come principio etico.
Quegli anni furono contrassegnati da un principio di solidarietà che promosse uno sviluppo economico e sociale segnato come "golden age" negli Usa e da noi come "boom economico". Fino agli anni settanta questa spinta promosse valori sociali, uguaglianza e solidarietà ed una grande creatività in tutti i settori artistici; erano gli anni dell’american dream. Poi lentamente quella spinta creativa si spense per lasciare il passo ad un utilitarismo senza limiti assunto come fine che ha progressivamente indebolito la tenuta delle società.
La caduta del muro di Berlino, 9/11/89, ha rappresentato la definitiva implosione dell’impero sovietico incapace di guardarsi dentro ed adattarsi ad una storia che cambiava. Falliva il socialismo reale allo stesso modo in cui rischiano oggi l’implosione gli Usa, incapaci anche loro di capire i problemi di fondo che stanno minando la loro stabilità in campo economico, finanziario e sociale. Al momento si diffuse l’idea che "fosse finita la storia" come qualche studioso americano aveva – molto prematuramente ed improvvidamente – scritto ed enfatizzato autorizzando l’idea che il sole si fosse fermato senza neppure l’ordine di Giosuè . Oggi, invece, siamo qui a prendere atto del fallimento completo di quel modello pseudo-culturale che porta a suggerire l’idea di un piano Marshall per gli Usa.

Il principio di "utilità" personale ha avuto nella finanza lo strumento più efficace per autodeterminarsi, l’economia reale è diventata subordinata alle esigenze della finanza dominante ma alla fine la storia presenta
sempre il conto. Proviamo a ricostruire i fatti, i risultati ed il loro equilibrio estremamente precario.
La finanziarizzazione dell’economia reale ed il mantra "creare valore per gli azionisti" ha portato nei primi dieci anni del nuovo secolo ad un processo di delocalizzazione che ha bruciato il 31% dei posti di lavoro nel 
settore manifatturiero, con la perdita di quasi 6 milioni di posti di lavoro. 
La percentuale di occupazione nel settore manifatturiero, oggi, supera di poco il 12 % del totale occupati (nelle regioni italiane del nord siamo oltre il 33%); se a questi si levano gli occupati nel settore della armi la percentuale si abbassa ancora (nel 2003 le aziende americane avevano una quota di mercato mondiale del 27,7% oggi si avvicinano all’80%); riconvertire in parte un’economia di guerra in un’economia di pace non è 
per nulla facile specie dal punto di vista umano. Inoltre i 2/3 dei giovani americani sono inidonei alla leva per motivi che vanno dall’obesità a bassa cultura ed a precedenti penali. La disoccupazione, oggi al 6,5%, viene mascherata tecnicamente dalla sottoccupazione che unitamente alla prima arriva ad oltre il 25%. Gran parte dei sottoccupati sono giovani che si sono laureati nelle business school grazie a prestiti bancari che però oggi non sono in grado di rimborsare (il loro debito supera i 1000 mld di dollari). Di conseguenza la povertà è aumentata ad oltre i 50 milioni di persone ed il 30 % dei giovani è sotto la soglia della povertà.
Il perseguimento del profitto sempre e comunque ha portato ad una concentrazione di ricchezza senza pari nella loro storia, il reddito dell’1% della fascia ricca corrisponde al 40% del reddito totale. La disuguaglianza 
ha disgregato la società facendo esplodere patologie sociali gravissime –mortalità infantile, gravidanze precoci, omicidi, abbandono scolastico, incarcerazione, consumo di droghe, disturbi mentali, povertà… – e gli antidepressivi, prozac, sono tra i farmaci più venduti. Il crollo del 2008 ha fatto innalzare bruscamente il debito pubblico per salvare le banche e la Fed ha risposto ai danni della finanza con la finanza emettendo una crescente massa monetaria che sempre più difficilmente trova contropartita con un corrispondente valore reale; quanto vale il dollaro oggi realmente? L’aumento del pil potrebbe dare un segnale, anche se con l’attuale regime fiscale e redistributivo ha un’utilità negativa perché arricchisce i ricchi ed impoverisce i poveri, ma i dati non sembrano seguire i desiderata. Nei due anni scorsi il suo incremento è stato favorito anche dalla rivalutazione dei beni pubblici che però non si può fare tutti gli anni ed infatti quest’anno la crescita non sarà significativa. Senza una robusta economia reale di sola finanza non si va lontano perché la moneta non genera moneta.

La ricerca della massimizzazione del reddito ha portato le multinazionali alla delocalizzazione delle imposte conseguente a quella del lavoro separando il capitale dal lavoro a scapito di quest’ultimo; è possibile pianificare una fiscalità prossima allo zero e lasciare gli utili fuori. La corporate–tax al 35 % spinge le imprese alla ricerca di sedi fiscali più convenienti (in Irlanda la tassa è al 12,5%) così le stime parlano di oltre 1000 mld/anno di minori imposte incassate. Aumentare il debito non si può, variare le aliquote neanche ma senza entrate si rischia di entrare in loop e di essere meno credibili sugli equilibri complessivi. La Germania (confermata la tripla A) ha depositato presso la Fed 3400 tonnellate di oro, recentemente ne ha chiesto indietro 630 circa, ma per motivi di sicurezza ne avrà solo 34, l’1% dei depositi; ai funzionari tedeschi sembra sia stato impedito di visionare, sempre per motivi di sicurezza i loro depositi. Per contro, negli ultimi due anni sia la Russia che la Cina hanno fatto importanti operazioni di acquisto di oro. Per ragioni diverse e comprensibili, date le sanzioni possibili, la Russia ha ritirato la liquidità presso le banche usa; dopo la riduzioni delle sanzioni la Cina ha deciso di aumentare gli acquisti di petrolio iraniano che ancora è pagato in dollari.

Il sistema scricchiola?
Forse servirebbe davvero agli usa una sorta di piano Marshall ma all’inverso per recuperare una solidità sociale ed economica che sia funzionale a permettere la tenuta di equilibri globali per il bene di tutti. 
Oggi, però, non c’è un solo soggetto con la forza di supportare questa condivisione, la ricerca sarebbe facilitata, però, se gli Usa provassero a mettere in discussione il loro modello socioculturale ed a favorire un percorso di condivisione per il bene comune di tutti. E’ questo quello che si augurano in tutto il mondo gli uomini di buona volontà.

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