La società,
la convivenza diventa arida, l'individuo si chiude in sé.
Nelle gesta
popolari, per esempio, non esiste più nessuno che ringrazi.
Nessuno
ringrazia più.
I bambini,
quelli che un tempo a scuola prioritariamente imparavano a salutare e a
ringraziare non salutano e non ringraziano gli adulti.
Nemmeno gli anziani, oggi sempre più
sgarbati e viziati come e più dei giovani, ringraziano.
La società, questa società in cui viviamo, appare più
appagata rispetto a trenta o quarant'anni fà, ma è (è, non appare) sempre più
insoddisfatta.
Certo può
accadere che qualcuno occasionalmente sia riconoscente, ma per farti un sorriso
per ringraziarti deve essere motivato da uno straordinario coinvolgimento
emotivo. In questo caso il “grazie” scaturisce d‘impulso e non come espressione
ponderata.
Abbiamo perso
tante altre delicatezze e sfumature, ma la scomparsa della gratitudine è
particolarmente ricca di significato.
Abbiamo smarrito il valore delle parole, il loro peso concreto nella vita di tutti
giorni, il loro riflesso sul nostro umore, sulla nostra visione delle cose.
Oggi tutto è
orientato alla velocità ed alla quantità.
La parola ha subito l'involuzione ed il declino dei nostri modelli di vita,
delle nostre idee, dei nostri valori, che nella parola trovavano la loro
legittimazione.
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