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martedì 23 novembre 2010

L'Eparca c'è e non c'è, la Curia c'è e non c'è, il delegato pontificio c'è e non c'è

La Chiesa-Istituzione ha solcato più o meno diciassette secoli di Storia (da quando ha ottenuto il riconoscimento ufficiale dall’imperatore Costantino) e si presenta a quest'inizio del terzo millennio ora in buona salute per il rispetto, e addirittura il timore, che riesce ad attirare ed ora pesantemente affaticata in più sfaccettature, segno –secondo alcuni- di un declino a cui dovrà seguire una fine più o meno lenta di fronte alle nuove religioni dell’individualismo, del consumo, del divertimento, della tecnica e della comunicazione mondializzata, dello scetticismo, del relativismo e della libertà illimitata.
Voler trarre giudizi generalizzati dall'esperienza della nostra Eparchia è certamente fuori luogo ma tuttavia non è nemmeno da scartare in assoluto.
Da noi la gente, i fedeli, da qualche anno sono stupiti che esista l’Eparchia ma, nella conduzione di questa, manchi –sostanzialmente- l’Eparca, che ci sia la Curia ma, nella sostanza e nella reale struttura, non ci sia nessuna Curia, che ci sia un “delegato pontificio” inviato da Roma per porre rimedio alla situazione critica ora ricordata ed in realtà mai nessuno si è mai accorto della sua esistenza, se non in poche iniziative che hanno ulteriormente aggravato il già inefficace esistente (ci riferiamo all'immotivata rimozione di papas Nicola da Contessa Entellina che tutti leggono come il contentino dell'ingiustiazia offerto ai fedelissimi di Bellanca).
Per fortuna dei nostri paesi esistono i parroci che, come da secoli, vivono fra la gente (almeno così accadeva fino a sei mesi fa) e fanno sentire come possono e come è loro permesso dal “mancante” quadro di regia sopra ricordato il modo di “essere” ed il modo di “pensare” da cristiano.
Nei nostri paesi, così come è lontana la presenza della “Politica”, quella che i telegiornali ci presentano nei quotidiani servizi dal sapore carnevalesco e "affaristico", è pure lontana l’Istituzione Chiesa di cui conosciamo l’esistenza dai non gradevoli servizi televisivi su “Propaganda Fidei”.
E non è detto che sia sentita la mancanza di Politica ed Istituzione-Chiesa in quei termini.
La gente, però, riesce a trarre ugualmente sconfortanti conclusioni, per esempio, su come viene gestito il patrimonio immobiliare romano di ‘Propaganda Fidei’ ed il patrimonio immobiliare delle “case canoniche” di Contessa Entellina.
Vediamo da più vicino:
A) Mario Bellanca da oltre un mese avrebbe dovuto trasferirsi a Piana degli Albanesi per adeguarsi al disposto di un decreto che in calce reca la firma dei distratti “prelati” (l’Ordinario ed il delegato). Egli avrebbe dovuto lasciare la “casa canonica” entro i quindici giorni antecedenti la dichiarazione di “sede vacante” della parrocchia della Favara: 16 ottobre 2010. Finora il trasloco non è avvenuto se non per il “simbolico” atto di posare qualche pacco nel cofano delle auto dei -sempre disponibili- “fedelissimi”. La conseguenza dell’inerzia dei “prelati” è che il successore -alla guida della Chiesa della Favara- del Bellanca è costretto giornalmente a viaggiare da Piana degli Albanesi e a non potere avviare l’attività catechistica e pastorale non disponendo di locali utili al suo vivere a Contessa. La distanza da Contessa Entellina a Piana degli Albanesi non è proprio breve, come è noto.
Bellanca in due mesi non ha evidentemente trovato casa a Piana degli Albanesi; per lui anche il non meglio utilizzato ex-Seminario è inadeguato.
Il Bellanca in buona sostanza occupa, senza titolo, i locali da cui tiene lontano l’Amministratore Parrocchiale in carica, e nessuno immagina che dipenda da uno stato di necessità: Bellanca non è "mezzu a strata" come dice taluna dei "fedelissimi".
B) La gente, i fedeli, resta altrettanto sbalordita nel rilevare che da oltre un mese neanche l’altro Amministratore Parrocchiale inviato nel borgo Piano Cavaliere, papas Giovanni Stassi, riesce a vivere fra la gente della sua nuova comunità. Anch’egli viaggia da Piana degli Albanesi -come può e quando può- perché quella che dovrebbe essere la sua “casa canonica” è invece fruita da una persona, da un “senza tetto”, che da qualche anno si è lì insediato col consenso dell'allora parroco e non ha alcuna intenzione di lasciarla libera, se non dietro la disponibilità di altro locale che dovrebbe essergli fornito, a quanto pare, o dalle Autorità pubbliche o da quelle ecclesiastiche (un amico ha suggerito di chiamare per la circostanza telefonicamente il cardinale Sepe. Egli però forniva appartamenti ai Vip che litigavano con le proprie mogli).
L’Istituzione Chiesa la stiamo conoscendo attraverso la sterilità delle “grida” di manzoniana memoria: e nello scrivere ciò non stiamo usando, purtroppo, né satira né ironia.
Diffusa è l'opinione che l’assenza non solo istituzionale (Eparca, Curia, fisicità della rappresentanza) ma anche pastorale, missionaria, dell'eparchia sia una scelta voluta dal Vaticano; è il messaggio -per chi sa leggere e sa interpretare- che preannuncia la … non lontana soppressione dell’Eparchia alla ancora giovane età di cinquant'anni.
E non ha torto, probabilmente, quel nostro amico che poche settimana fa scrisse che non è un caso se la formazione dei sacerdoti bizantini, a Roma, viene curata nello stretto limite di farne dei buoni parroci. Nessuna cura, anzi tanta attenzione viene posta per evitare la potenziale formazione di buoni Vescovi.

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