In una realtà agricola come è sempre stata Contessa, lungo i cinque secoli dalla fondazione, l'agricoltura fino a poche decine di anni fa è stata la fonte principale, se non l'unica, per il sostentamento della popolazione. Oggi fonte di sostentamento sono le rimesse degli emigrati e le pensioni Inps.
Rovistando fra le carte accumulate in più decenni è spuntata una foto (anni cinquanta del Novecento) che rievoca il pasto del mietitore. Ed allora ci è parso il caso di rievocare come veniva intrattenuto e alimentato il lavoratore in quel contesto di duro lavoro in regime ancora "latifondista", nell'area di Contessa Entellina. Ci è d'aiuto un libro di Salvatore Nicosia, Pane Amaro, del 2015.
Nella mattinata, poco prima che il sole bruciante di luglio cominciasse a farsi sentire, potevano essere le sette o le otto, al lavoratore veniva consentito di prendere "un muzzicuni" sul posto di lavoro, sul posto dove il campo già mietuto era al momento approdato. U muzzicuni consisteva in un tozzo di pane, un pezzetto di formaggio ed un sorso di vino attinto da tutti direttamente da un unico fiasco.
Nella tarda mattinata, più o meno, alle dieci -se sul campo c'era almeno un albero- ci si disponeva seduti per terra e dalla bisaccia si tirava la "camella" con patate bollite, cipolle e qualche pomodoro: costituivano la "manciata da matina". Alle undici era previsto un altro "muzzicuni", all'impiedi.
Il pranzo regolare -con i medesimi alimenti della colazione- avveniva all'una, ed era prevista una pausa dal lavoro di tre quarti d'ora; in linea generalissima sempre sotto il sole bruciante.q
Verso le cinque pomeridiane era prevista la "merenda" con un quarto d'ora di riposo. Mentre la sera in ambito di "masseria" o nella casa del padrone della tenuta, era previsto il pasto forte (pasta con la salsa, patate al sugo ed un uovo).
Nessun commento:
Posta un commento