Il sindaco di Roma Ignazio Marino esultante dopo il Consiglio
dei ministri che gli leva quasi tutti i poteri e di fatto lo commissaria, con
il decisivo argomento che“si è tolta dal tavolo l’ipotesi dello scioglimento
del Campidoglio”,ricorda la scena del ragionier Ugo Fantozzi che, pestato a
sangue da una gang di teppisti che gli smontano pure la Bianchina pezzo per
pezzo, esala tra un ceffone e una testata:“Badi, signore, che se osa ancora
alzare la voce con me…”;poi perde i sensi. Ma che cosa deve ancora accadere
perché Marino, che comunque un mestiere ce l’ha e non campa di politica, ponga
fine alla sua agonia politica e si dimetta da sindaco lasciando il suo nemico
di sempre–cioè il suo partito–in brache di tela? Da quando ha avuto il torto di
vincere le elezioni, il Pd gli ha fatto una guerra spietata che nemmeno a B.
Gli ha imposto assessori e
collaboratori poi regolarmente finiti in galera o sotto inchiesta. Ha raccolto
firme per le sue dimissioni. Non ha mosso un dito quando la destra di Alemanno
chiedeva la sua testa perché parcheggiava la Panda in sosta vietata. Dopodiché
si scoprì che il problema di Roma non era la Panda, ma la Banda:della Magliana,
nel seguitissimo se-quel “Mafia Capitale”.
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