Matteo
10,32-33; 37-38;
19, 27-30
DEGNO DI ME

Brani del Vangelo di Matteo proclamato oggi nelle Chiese di rito bizantino
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Il vangelo racconta
quanto Gesù dice o fa per qualcuno.
Quel qualcuno, non è un suo contemporaneo di
duemila anni fa, è il lettore o l’ascoltatore di oggi, il quale –in un certo senso- è
chiamato a fare in prima persona l’esperienza di ciò che è narrato, di ciò che
è proclamato.
Chiunque può quindi fare esperimento (non nella forma arida da laboratorio, ma col sentimento della fraternità), se usa la fede.
L'interpretazione che diamo al brano è che il Nazareno che vuole sempre essere riconosciuto e mai rinnegato è presente, è visibile ancora oggi, nell'ultimo degli esseri umani, in colui che tutti sfuggono, è nell'immigrato che tanti vorrebbero affogasse nel canale di Sicilia, è in chi muore ed affoga nella povertà, nella trascuratezza, nell'indifferenza di tutti e nei giudizi di tutti.
Il brano è un vero e proprio attacco all'egoismo nelle sue manifestazioni di attaccamento al potere, al possesso, alla cura del proprio ego e della propria magnificenza.
Quando per le vicissitudini della vita si è convinti di stare per portare la "croce", il messaggio che arriva dal brano è che non si è soli, davanti, a fianco a noi e dietro di noi ci sono tanti, tantissimi, Nazareni che portano la parte più pesante della Croce. E la portano pure per noi, spesso a causa nostra.
Accettiamo ciò che siamo, ciò che abbiamo; è cosa certa che al nostro prossimo sta toccando la parte più affannosa e difficile del vivere.
Da qualche parte abbiamo letto che nudi siamo usciti dal ventre materno; nudi
torneremo nel seno della terra.
Solidarietà, o come nel mondo cattolico viene ripetuto "fraternità", sono le bussole che fanno conoscere -oggi, nel terzo Millennio- chi è il Nazareno, colui che va seguito per essere degni del Meglio.
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