La procura di Palermo ha notificato a 12 persone l'avviso di chiusura dell'indagine sulla trattativa Stato-mafia.
L'ex ministro Mannino, siciliano doc. Padrino politico di Totò Cuffaro |
La Vicenda
Uomini
dello Stato e uomini di Cosa nostra avrebbero agito "in esecuzione di un
medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro".
La Procura di Palermo ha chiuso, dopo 4 anni, l’indagine sulla trattativa
Stato-Mafia del 1993 ed ha chiamato in causa dodici nomi.
()I boss Riina, Provenzano, Bagarella, Brusca e Cinà.
()I boss Riina, Provenzano, Bagarella, Brusca e Cinà.
()I rappresentanti delle istituzioni e i politici: i militari Subranni e
Mori, del Ros dei Carabinieri; i politici Mannino che all’epoca era ministro e Dell’Utri, uno dei
fondatori di Forza Italia e collaboratore di Berlusconi.
E finisce sotto accusa anche l'ex ministro Mancino,
colpevole, secondo i magistrato di avere mentito nel deporre sullo svolgimento dei
fatti.
La Procura di Palermo e
la Dia ritengono di aver ricostruito i retroscena della trattativa fra uomini
dello Stato e i vertici di Cosa nostra., un dialogo segreto che avrebbe avuto tre fasi.
L’atto d’accusa della Procura dice adesso che nei primi mesi del 1992, i contatti Stato-mafia sarebbero stati avviati dall’ex ministro Calogero Mannino, che temeva di essere ucciso, ossia di dover fare ad opera della mafia la medesima fine di Salvo Lima. L’esponente democristiano avrebbe messo in allerta gli uomini del Ros, ma avrebbe dialogato anche direttamente con alcuni boss, per «avviare una trattativa con i vertici dell’organizzazione mafiosa — scrivono i pm — finalizzata a sollecitare eventuali richieste di Cosa nostra e far cessare la programmata strategia omicidia-stragista già avviata con l’omicidio Lima.
L’atto d’accusa della Procura dice adesso che nei primi mesi del 1992, i contatti Stato-mafia sarebbero stati avviati dall’ex ministro Calogero Mannino, che temeva di essere ucciso, ossia di dover fare ad opera della mafia la medesima fine di Salvo Lima. L’esponente democristiano avrebbe messo in allerta gli uomini del Ros, ma avrebbe dialogato anche direttamente con alcuni boss, per «avviare una trattativa con i vertici dell’organizzazione mafiosa — scrivono i pm — finalizzata a sollecitare eventuali richieste di Cosa nostra e far cessare la programmata strategia omicidia-stragista già avviata con l’omicidio Lima.
Nell’estate 1992, dopo la strage Falcone, i carabinieri del Ros
avrebbero poi tentato di fermare la strategia di morte dei corleonesi iniziando
un dialogo con l’ex sindaco di Palermo
Vito Ciancimino.
La Procura di Palermo crede solo parzialmente al racconto di Massimo Ciancimino a proposito degli incontri fra il generale Mori e l’ex sindaco Vito Ciancimino, incontri che sarebbero avvenuti anche prima della strage Borsellino; circostanza sempre negata invece dal generale Mori.
La Procura di Palermo crede solo parzialmente al racconto di Massimo Ciancimino a proposito degli incontri fra il generale Mori e l’ex sindaco Vito Ciancimino, incontri che sarebbero avvenuti anche prima della strage Borsellino; circostanza sempre negata invece dal generale Mori.
Ai carabinieri Mori e De Donno sarebbe stato consegnato, tramite
Vito Ciancimino, il papello con le richieste di Totò Riina, era il prezzo che
Cosa nostra chiedeva per interrompere la stagione delle bombe.
Il contenuto del papello consisteva nella revoca del carcere duro ai boss, revisione dei processi ai mafiosi in carcere, annullamento dei processi più importanti già conclusi.
Il contenuto del papello consisteva nella revoca del carcere duro ai boss, revisione dei processi ai mafiosi in carcere, annullamento dei processi più importanti già conclusi.
La terza fase della trattativa sarebbe iniziata dopo l’arresto
di Riina, nel gennaio 1992. Secondo la Procura di Palermo, a condurla sarebbe
stato Bernardo Provenzano (dato che Ciancimino era in carcere).
La trattativa sarebbe stata portata avanti, anche in questa
fase, da un altro colletto bianco: Marcello Dell’Utri.
Scrivono i pm che Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca avrebbero
«prospettato al capo del governo in carica Silvio Berlusconi, per il tramite di
Vittorio Mangano e di Dell’Utri una serie di richieste finalizzate ad ottenere
benefici di varia natura per gli aderenti a Cosa nostra».
Sostiene Brusca che una «risposta » sarebbe poi arrivata, sempre per il tramite di Mangano, l’ex stalliere di casa Berlusconi.
Sostiene Brusca che una «risposta » sarebbe poi arrivata, sempre per il tramite di Mangano, l’ex stalliere di casa Berlusconi.
Nella lista delle persone cui e' stato
notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari (per le quali si
prospetta la richiesta di processo) ci sono due indagati che non sono materialmente
accusati di avere partecipato alla trattativa:
-l'ex ministro Nicola Mancino,
che rispondera' di falsa testimonianza al processo Mori,
-e Massimo Ciancimino,
accusato di concorso in associazione mafiosa e di calunnia aggravata nei
confronti dell'ex capo della polizia, Gianni De Gennaro.
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