Giuseppe Romita, ministro socialista dell'Interno legge il risultato del referendum istituzionale |
Il 2 giugno 1946 gli italiani
furono convocati dal governo di unità nazionale per esprimere il voto su due
questioni fondamentali riguardanti l’assetto
dello Stato:
- la risoluzione del problema istituzionale (Monarchia o Repubblica)
-e l’elezione dell’ Assemblea
costituente, incaricata di riscrivere la Carta fondamentale del nuovo Stato.
Il voto referendario diede la
vittoria alla Repubblica, che sopravanzò di circa due milioni di voti quelli a
favore della Monarchia. Il risultato fu contestato dalle forze politiche
filomonarchiche per motivi sia di legittimità sia di merito e diede origine a
vari ricorsi presso la Corte di
Cassazione, la quale si pronunciò il 18
giugno, convalidando quanto aveva dichiarato il 10 giugno il ministro
dell’Interno e, quindi, sancendo la vittoria del voto repubblicano: tutto
questo ritardò di più di una settimana il trapasso istituzionale.
Il risultato referendario metteva
in evidenza la profonda divisione del Paese sotto il profilo politico, sociale
e culturale: accanto all’Italia del nord prevalentemente repubblicana e
politicamente “progressista”, c’era
quella del sud prevalentemente monarchica e politicamente “conservatrice”.
Il presidente del Consiglio -Alcide
De Gasperi- in un colloquio del 21
maggio 1946 con il nunzio in Italia, monsignor Francesco Borgongini Duca
prevedeva: «La parte meridionale d’Italia fino a poco più su di Roma darà il
voto in favore della Monarchia nella proporzione del 70%, sopra una popolazione
di 18 milioni; invece nel resto d’Italia la proporzione sarà del 70% per la
Repubblica su 22 milioni di persone, quindi questa avrà una maggioranza sicura».
ll “voto politico”, cioè quello per l’Assemblea costituente, in qualche misura riproduceva quello amministrativo delle elezioni di primavera.
ll “voto politico”, cioè quello per l’Assemblea costituente, in qualche misura riproduceva quello amministrativo delle elezioni di primavera.
-La Democrazia cristiana si
confermò come il primo partito politico del Paese (8.012.355 voti),
-seguito dai socialisti
(4.674.977 voti)
-e dai comunisti (4.287.054);
La somma dei due partiti di
sinistra però sopravanzò il voto democristiano considerato da solo.
Gli elettori – per la prima
volta le donne erano state ammesse al voto – avevano premiato i cosiddetti
partiti di massa, che erano quelli che avevano anche partecipato alla Resistenza e che ora venivano chiamati
dagli elettori a riscrivere la nuova Carta costituzionale.
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