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martedì 5 giugno 2012

Sicilia. La Storia ci insegna che qui il "nuovo" serve per rafforzare il "Vecchio".

Il 10 agosto 1812, duecento anni fà, il luogotenente del Regno di Sicilia, Francesco di Borbone, firmò la Costituzione che il Parlamento siciliano aveva approvato a conclusione di un lungo braccio di ferro fra la monarchia borbonica che intendeva affermare anche in Sicilia la propria sovranità e i baroni siciliani che non intendevano rinunciare ai propri privilegi.
La nuova Costituzione, il cui impianto risentiva dell’esperienza inglese, sanciva la fine della feudalità, allargava la base del potere ma, a nostro avviso, non determinava un reale mutamento dei rapporti economico-sociali nell’isola.
Il possesso feudale si trasformò infatti in proprietà latifondista e i baroni, per di più, aggiunsero una nuova legittimazione di diritto a quella fondata sulla consuetudine e, soprattutto, vennero riconosciuti nell’antica pretesa di essere l’incarnazione stessa della nazione siciliana.
Pasquale Hamel
su "Critica Sociale"

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