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domenica 10 agosto 2014

Palestina. Poco sappiamo, molto ci scuotiamo

Il mondo che è uscito dalle ceneri della seconda guerra mondiale è politicamente ed ideologicamente un sistema bipolare. A vincere la guerra sono state infatti due potenze, gli Stati Uniti d'America che esigono dai loro alleati l'adesione ad un modello economico, quello capitalistico, e l'Unione Sovietica che privilegia lo sviluppo dell'influenza geopolitica sul pianeta.
In Palestina questo schema seguito dalle due superpotenze impatta tuttavia nell'imprevedibilità e nella confusione. Nè il nazionalismo arabo nè quello sionista si lasciano, infatti, ingabbiare dai parametri semplicistici fissati dalle due superpotenze.

Il problema palestinese insorge subito dopo l'eclisse, con la seconda guerra mondiale, della potenza britannica che dal 1917 aveva il mandato di governare quell'area.
L'indirizzo inglese in un primo momento era stato quello di dare vita ad uno stato indipendente a maggioranza araba. 
La risposta degli ebrei nei confronti degli inglesi fu un intreccio ora di legalità ed ora di illegalità, ora di violenza e ora di diplomazia. Dal 1944 iniziano fitte serie di attentati contro gli inglesi ad opera dell'organizzazione terroristica Lehi (a cui appartiene pure il futuro premier Begin).

A dissolvere l'originario progetto inglese è tuttavia la presa di coscienza dell'opinione pubblica mondiale della distruzione da parte dei nazisti di milioni di ebrei, i cui superstiti sono ammessi in Usa e in Gran Bretagna solo in numero limitato. Il disegno sionista di una Palestina indipendente comincia a farsi strada, non più quindi con uno stato a prevalenza arabo ma ebraico. L'Occidente avverte infatti l'esigenza morale di risarcire in qualche modo la Shoah.
Il 31 ottobre 1945 una coordinata e spettacolare azione blocca il sistema ferroviario della Palestina in oltre cento località; qualche mese dopo è la volta dei ponti. Il 26 giugno 1946 guardie inglesi arrestano 2500 membri e simpatizzanti dell'Irgun, l'ala politica della Lehi. Nemmeno un mese dopo viene fatto saltare la sede del comando britannico.
Gli inglesi non vedono l'ora di abbandonare la Palestina e cominciano pertanto ad essere affiancati nelle iniziative politiche dagli americani. Spunta in questo contesto la proposta di dividere la Palestina in una zona araba ed una ebraica (con Gerusalemme ad amministrazione internazionale e il Negev sotto controllo inglese). La proposta, come pure le intenzioni della Conferenza di Londra di fine 1946, fallisce per il boicottaggio sia arabo che ebraico.
Il 29 novembre 1947 l'Onu, a cui gli inglesi hanno devoluto l'intricata questione, approva la risoluzione 181 secondo cui "il mandato per la Palestina terminerà il primo possibile ma in ogni caso non oltre il 1° agosto 1948...  Gli stati indipendenti  arabo ed ebraico ed il regime internazionale  speciale per Gerusalemme cominceranno ad esistere due mesi dopo l'evacuazione  delle forze armate  della potenza mandataria e comunque non oltre il 1° ottobre 1948".

La guerra civile palestinese inizia prima del ritiro delle truppe britanniche.
Dal primo dicembre 1947 fra i due gruppi etnici iniziano 
-scontri armati
-assalti organizzati
-azioni terroristiche contro simboli, forze armate, civili della parte avversa.

Obiettivo della violenza ebraica è di far fuggire, dai territori che verosimilmente costituiranno lo Stato ebraico, la popolazione araba; lo scopo di quella araba è di proibire il costituirsi dello Stato ebraico. 
A fornire armi agli ebrei sono inizialmente Francia e Cecoslovacchia.

Il 14 maggio 1948 nasce lo Stato di Israele e la notte fra il 14 ed il 15 ha inizio la prima guerra arabo-israeliana, con gli eserciti della Lega araba (Egitto, Transgiordania, Siria, Libano, Arabia Saudita, Iraq) che attaccano da tre direzioni.
Quella che era iniziata come guerra civile si è trasformata in una guerra fra Stati.

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