La Mafia e i nostri giorni
Anton Blok E’ stato un sociologo olandese che per più tempo e’ vissuto a Contessa E. ed ha studiato localmente quali sono i germi “sociali” e le “inclinazioni” che inducono gli esseri umani a scegliere lo stile di vita del “mafioso”. |
E’ comunque certo che i giornali, che siano di destra, centro o sinistra usano frequentemente nelle loro pagine la voce “mafia”. Non tanto della mafia che usava la lupara, ma di una mafia, ormai prevalente, che usa giacca e cravatta.
In Sicilia è sempre esistito un modo di vivere e comportarsi che e’ stato ben oltre la arroganza, la prepotenza e l’imposizione. In passato quel modo di operare nell’ambito della società da localistica sapeva darsi assetti organizzativi unitari su più vasti territori. In pratica diventava quella che i giornali ed i media denominavano, e denominano, Cosa Nostra, la cui pericolosità è riportata su migliaia e migliaia di libri, sentenze e inchieste della Pubblica Autorità.
Non vi è dubbio che l’Organizzazione ha subito negli ultimi anni (decenni) colpi soprattutto dalla Magistratura e da grandi figure di essa, di cui citiamo solamente i nomi dei due martiri Falcone e Borsellino. Ma, a noi sembra, che in giro in tempi più recenti sia calata la tensione rispetto al fenomeno. E’ certo, comunque, che la situazione, rispetto ad alcuni decenni fa, è in qualche modo ribaltata a favore delle forze dell’ordine e della legalità. Ma c’è ancora da fare.
Riteniamo che la mafia non e’ semplicemente un problema di ordine pubblico, di polizia, di repressione. E’ un problema di formazione culturale, di vivere nella coscienza civica tratteggiata dalla Costituzione. Senza comunque sottovalutare il fenomeno che, sfogliando i giornali, possiede tuttora capacità di pericolosità e di radicamento.
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