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mercoledì 16 ottobre 2024

All’alba della modernità

Crollo dell’Impero Romano d’Oriente (2) 

 Alla conclusione del Concilio di Firenze, su cui ci siamo soffermati nella precedente pagina, sembrò che le forze disponibili a difendere la città simbolo contro i turchi, Costantinopoli, potessero essere sufficienti. In campo c’erano: 1) Il voivoda (=governatore di vasti territori) della Transilvania, Giovanni Hunyadi, 2) Ladislao III Jagellone, re di Polonia e di Ungheria e 3) Giorgio Brankovic, despota della Serbia. Costoro ebbero alcuni successi che andarono ad aggiungersi alla ribellione di 4) Giorgio Scanderberg e la sua Albania.

I turchi entrano a Costantinopoli
che diventerà Istambul

Dopo molti assedi, 
Costantinopoli cadde
il 29 maggio 
1453. Il despotato di Morea
cadde nel 
1460. L'impero di Trebisonda,
ultimo baluardo bizantino in Anatolia, 
cadde nel 1461, mentre nel 1475 cadde il 
Principato di Teodoro, in Crimea, ultimo
stato diretto erede dell'impero.


L'imperatore 
Costantino XI Paleologo,
conscio dell'imminente crollo,
combatté personalmente fino alla
fine e morì sulle mura di Costantinopoli.




 L’intesa anti turca indusse Murad II, impegnato anche sul fronte asiatico a chiedere una tregua decennale di cui beneficio’ sopratutto  Giorgio Brankovic, il serbo. Su istigazione del cardinale Giuliano Cesarini il re Ladislao ruppe la tregua spingendosi con una flotta nel Mar Nero dove pensava dovesse arrivare pure la flotta veneziana. Nel 1444 nella battaglia di Varna i turchi ebbero la meglio e lo stesso cardinale Ladislao perse la vita. La storiografia, compresa quella dei nostri giorni, attribuisce il disastro alla consueta ambiguità dei veneziani, che preferirono stringere accordi col Sultano.

 Il disastro di Varna fu determinante sull’esito finale dell’espansionismo turco. La sorte dell’Impero Romano d’Oriente, dell’Impero bizantino, era ormai segnata. A resistere contro i turchi restarono la capitale, Costantinopoli, e la  Morea. Nel 1449 alla morte di Manuele II successe al trono di Costantinopoli il fratello Costantino XI. Quando sembrarono chiare le intenzioni di  Maometto II di attaccare la città di Costantinopoli, Costantino punto’ sull’ultima risorsa che gli restava: annunciò l’unione della Chiesa bizantina a quella romana. Nell’aprile del 1453 il sultano cinse d’assedio Costantinopoli con un esercito composto da 160mila uomini rispetto ai pochi, appena 7000 uomini, rimasti a difendere la Città, alcuni dei quali erano genovesi guidati da Giovanni Giustiniani-Longo.

 Il 29 maggio, dopo una più che eroica resistenza contro il soverchiante esercito turco ed il continuo bombardamento dell’artiglieria nemica, Costantinopoli fu presa d’assalto e lo stesso Costantino XI cadde mentre in prima persona partecipa ai combattimenti.

 Quel maggio 1453 suscitò nel mondo cristiano, compreso nel mondo dei veneziani, molta costernazione. Addirittura gli stessi ambienti che avevano negato gli aiuti cominciarono ad immaginare una crociata. Restava ancora libera la Morea bizantina governata dai fratelli Demetrio e Tommaso Paleologo, l’uno intenzionato a resistere ai turchi e l’altro a negoziare. Nel 1460, il Sultano personalmente chiuse i conti con i Paleologi cingendo d’assedio la città di Adrianopoli.  

  Ormai per chiudere il tempo di quella che era stata l’ecumene bizantina restava il Gran Comneni di Trebisonda e Maometto II non esitò a cingere d’assedio la capitale e a chiudere il capitolo della penultima realtà statuale bizantina (era il 1461). Nel maggio 1475, il comandante ottomano Gedik Ahmet Pascià conquistò Caffa (oggi Feodosia) in Crimea e alla fine dell’anno, dopo cinque mesi di assedio, anche Mangup, la capitale del principato di Teodoro, cadde nelle mani ottomane. 

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