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venerdì 16 febbraio 2024

Contessa Entellina. Tradizioni, ricorrenze, lotte sociali e letture del tempo che scorre

Quali percorsi per il futuro locale?

Giorni fa mi e’ capitato di leggere un testo diffuso da  un motociclista che settimane prima, dalla città, da Palermo, si era proposto di arrivare fino a Contessa Entellina, località che gli era capitato di apprendere sfogliando una rivista di essere il primo, in ordine temporale, degli insediamenti arbereshe in Sicilia.

 Quella asserzione di  “primo insediamento arbereshe in Sicilia”  lo aveva invogliato a voler scoprire e conoscere una realtà differente, altra, dal contesto generale dell’Isola.

 Proseguendo nella lettura del testo si capisce che quel signore, dopo 80 chilometri di percorso per arrivare a Contessa, ha cominciato a manifestare qualche disappunto. 

  Sintetizzando al massimo il testo del motociclista:  il visitatore  riporta  che superato il cartello posto all’ingresso del paese, redatto in albanese, lungo le strade del paese vuote e silenziose ha avuto la sensazione di essersi immerso in una grande pace e di avere -in alcuni punti- avvertito profumo di legna bruciata. Per le strade -sostiene- non c’era nessun essere umano e quel silenzio sapeva di sconcertante. Ebbe, scrive ancora, la sensazione di essere l’unica persona che stesse girando per le strade dell’intero paese. 

  Dopo aver tratteggiato l’adagiarsi del paese alle pendici di una collina, scrive di aver percorso a passo d’uomo alcune strade e di aver posteggiato la moto nei pressi della Chiesa, che ha visitato notando la presenza del Papas che si intratteneva con due fedeli. Dopo essere uscito dalla Chiesa, e’ entrato nel bar prospiciente dove -scrive- finalmente ha incontrato un gruppetto di persone. Qui ha chiesto al barista se la gente parlasse l’albanese e la risposta pare sia stata un “si” stentato, subito seguito dalla puntualizzazione che le giovani generazioni non parlano più l’albanese.

  Il resoconto dell’ospite sulla visita a Contessa si chiude con un “persino il cappuccino consumato era italianissimo”.

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