Grande guerra:
Ricordare per non offuscare la memoria .
Quest'anno si ricorda il centesimo anniversario della fine della prima guerra mondiale. Chi di noi non ha imparato sin dalle scuole elementari quell'inno "Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio" ?
Forse qualcuno delle autorità locali il prossimo 4 novembre rievocherà quegli avvenimenti che videro centinaia e centinaia di migliaia di contadini del Sud Italia arrulati e mandati allo sbaraglio senza armi e senza protezioni adeguate sugli altipiani che segnavano il confine del Regno d'Italia e dell'Impero Asburgico.
Lì sul Carso i soldati italiani avevano l'ordine (assurdo, inumato, disonorevole) di andare all'assalto delle trincee nemiche disarmati se non con un fucile, a corpo nudo, affrontando le moderne mitragliaci automatiche austro-ungariche.
Le stragi ovviamente erano conseguenze inevitabili non solo ad opera del nemico; quei soldati italiani che di fronte al fuoco di sbarramento del nemico osavano tornare indietro per ripararsi venivano in più casi -riferiti da alcuni storici- arrestati e severamente puniti. Luigi Cadorna infatti, sin dall'inizio della guerra, aveva ordinato la massima severità per il mantenimento della disciplina e il rispetto degli ordini dell'autorità. Atteggiamento che, nel corso del conflitto, si irrigidì sempre di più assumendo spesso i contorni di una spietata crudeltà.
Quelli erano gli ordini !
Una guerra disumana ai danni dei poveri e mai formati ed informati contadini del Sud, usati come birilli da Comandi spesso ignoranti oltre che disinteressati rispetto al sangue che scorreva.
Quanto descritto qui, oltre che rinvenibile sui libri di Storia, è stato appreso dalla bocca del proprio nonno, il quale quando fu chiamato al fronte era già padre di cinque figli e che nonostante la sua situazione di stato civile fu assegnato sul fronte della Bainsizza dove gli ordini erano di affrontare privi di armi e di protezioni adeguate al caso continui assalti verso le trincee protette, come dicevamo, dalle modernissime mitragliatrici austro-ungariche.
Nella condizione del proprio nonno si trovarono centinaia di migliaia di giovani meridionali costretti ad abbandnare le case, i luoghi di residenza per "difendere gli interessi della patria".
I siciliani morti in quel tipo di guerra assurda furono 60mila.
L'enfasi da parte dei Comandi militari incompetenti e disumani e dai governi successivi, specialmente dal Fascismo, fu che erano morti per la Patria. Ed invece erano morti per l'ignoranza e la disumanità di chi allora aveva osato mandare allo sbaraglio quella gente senza sufficiente ed ovvia preparazione.
Oltre a quei 60mila morti isolani fra i reduci, a conclusione del conflitto (1918) ci furono parecchi migliaia di feriti e mutilati siciliani e non. I morti di parte italiana complessivamente furono oltre 600mila.
Nell'isola a causa della mancanza di tutte queste braccia in grado di affrontare il pesante lavoro delle campagne, l'agricoltura conobbe una profonda crisi e tante famiglie, che prima della guerra riuscivano a sopravvivere senza sostegni esterni, fecero esperienza della povertà, che in più casi raggiunse la miseria e lo squallore.
Se il quadro umano di quella guerra è quello tratteggiato, il fascismo che da lì a pochi anni si impadronirà con la forza e la violenza del potere, ha creato un mito della guerra gloriosa e patriottica che era gravata ai danni di migliaia e migliaia di contadini -spesso analfabeti- del Sud.
Nostro convincimento
Non esistono guerre gloriose. A sostenere queste vergognose enfasi sono sempre coloro che non solo alla guerra non partecipano, ma da essa traggono illeciti benefici sul sangue altrui.
Una delle lapidi affisse sul prospetto della Chiesa delle Anime Sante. Riporta l'elenco dei contessioti caduti sul fronte nel corso della Grande Guerra |
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