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giovedì 4 gennaio 2018

Terremoto del Belice. Rievocazione del cinquantennio

I quindici comuni più colpiti della Valle avevano (ed hanno ancora oggi) una consistenza demografica molto differenziata fra loro.

--Partanna, Salemi e Menfi appartengono alla fascia con popolazione superiore ai 10mila abitanti.
--Calatafimi, Gibellina, Santa Ninfa, Sambuca di Sicilia e Santa Margherita Belice si pongono nella fascia compresa fra 5mila e i 10mila abitanti.
--nella fascia inferiore erano e sono Poggioreale, Salaparuta, Vita, Montevago, Camporeale, Contessa Entellina e Roccamena.   

Questa area del Belice oggi, come negli anni sessanta del Novecento, possiede una densità media di abitanti notevolmente inferiore alla media regionale. E' un'area palesemente rimasta ai margini dello sviluppo, formata tutt'ora da piccoli centri rurali dispersi su vasti, anzi vastissimi, territori all'interno dei quali la fine dell'isolamento geografico, economico e sociale continua a non intravedersi. 
Oggi l'intero assetto stradale di accesso a molti di questi paesi somiglia alle trazzere dei secoli che furono.
Dagli anni sessanta, precedenti il terremoto, molti di questi paesi passarono ad amministrazioni di Sinistra che avviarono un discreto riassetto dello stradario infrastrutturale interno. Ma già dagli anni cinquanta era iniziato -col fallimento della Riforma Agraria- un grande flusso migratorio che ha aperto la strada a fenomeni di disgregazione demografica e sociale.  

Il trauma del terremoto del gennaio 1968 si è inserito, con i suoi ulteriori effetti dirompenti, in questo quadro umano sinteticamente tracciato.
Ricordare per prendere consapevolezza e
per non dimenticare da dove si è iniziato.
Quella catastrofe ha completamente distrutto quattro paesi e danneggiato gravemente gli altri. Circa 50mila persone per decenni sono state costrette a vivere in baracche e abitazioni precarie. Nel contempo quell'evento ha violentemente rotto il tessuto umano e le relazioni sociali consolidate da sempre nel "vicinato".
Le scelte di nuove e diverse localizzazioni delle nuove abitazioni e addirittura dei nuovi insediamenti hanno inevitabilmente contribuito, nell'intera Valle, al senso dello sradicamento.  
I costi per i danni materiali del terremoto vanno sommati ai danni sociali  ed umani connessi  ad anni ed anni di studi, valutazioni, lavori, ritardi e pure a qualche scandalo italico sempre connesso alle disgrazie umane. 

Lo sconvolgimento sismico ha accelerato notevolmente la crisi della vecchia società e delle annesse modalità di relazioni sociali. La vecchia struttura ed essenza della società contadina e il ristagno generalizzato dell'antico vivere sociale subirono una forte ma benefica scossa, molto più notevole di quella sismica. 
I terremoto mise, sotto quest'ultimo aspetto, in evidenza -facendolo emergere- la realtà di sottosviluppo in cui quest'angolo di Sicilia era da sempre vissuto.
Dalle scosse sismiche, va detto e ribadito come da tempo facciamo su questo Blog,   sono scaturite: 
---le massicce mobilitazioni collettive,
---le nuove aspettative diffuse della popolazione per un miglioramento delle condizioni di esistenza fino ad allora gerarchizzate e comunque misere.

La lotta per la Ricostruzione e lo Sviluppo ha dato grande linfa alle Organizzazioni Sindacali e Politiche che si muovevano, specialmente quelle della Sinistra, mediante strategie coordinate di azione e di pressione. 
Il coordinamento dei Sindaci, di cui fu protagonista di primo piano il nostro concittadino Francesco Di Martino, ha puntato sia a costruire una nuova identità alla Valle che la visibilità all'esterno verso l'intera opinione pubblica nazionale.
I benefici, sia pure con estrema lentezza, in qualche modo poterono raccogliersi almeno sul piano della vivibilità abitativa. Molto più negativo è apparso il risultato sul piano socio-economico. 
(segue)

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