Essendo
emigrato in Lombardia alla fine del 1966 non ho vissuto direttamente la
triste
esperienza del terremoto del 1968, ma ho trascorso ore e giorni di apprensione
vedendo le
immagini alla televisione ed ascoltandone la cronaca, tenendo presente
che i
contatti telefonici con i miei familiari rimasti a Contessa non erano facili.
Richiamando
alla memoria quelle ore e quei giorni del terremoto, ricordando quanto
appreso dai
contatti con concittadini e parenti, seguendo la cronaca degli eventi che
hanno
condizionato la vita dei terremotati per mesi e anni, avendo visitato parecchi
centri
distrutti dal terremoto del Belice, ho maturato delle riflessioni che vorrei
condividere
con quanti ricordano quell’evento funesto come
data del XX
secolo più tristemente
scolpita nella mente di molti contessioti per la distruzione ed i lutti provocati.
compiuti da
qualche anno ricorda vagamente quei giorni drammatici, quelli più
anziani
invece ricordano bene il freddo, la neve, il buio della notte e la paura,
quando
la terra
tremava sotto i piedi o quando si viveva col timore di nuove scosse.
Il terremoto
del 1968 é stato un evento drammatico, che ha provocato nella comunità
contessiota un
radicale cambiamento, perché
alcuni aspetti dell’identità della
Comunità e
della personalità dei singoli sono stati stravolti dalla nuova realtà: la
sistemazione
provvisoria in tende e baracche, la indisponibilità della propria casa,
con tutto
quello che c’era dentro, il cambiamento delle abitudini domestiche, la
perdita dei
tradizionali rapporti sociali di vicinato (gjitonia), ecc.
Questo
disagio é stato in parte attenuato dalle tante iniziative di solidarietà verso
i
terremotati:
sono arrivati i soccorsi per la prima sistemazione, i pasti delle cucine da
campo dei
militari, gli aiuti materiali ed in denaro, ecc.
Superata
l’emergenza, sono continuate le attività produttive prevalenti, agricoltura e
pastorizia,
che non avevano subito danni gravi o irreparabili, e si é cominciato a
pensare alla
ricostruzione, aprendo i
primi cantieri, avviando
il periodo post-
terremoto, che
dura da 50
anni, durante i
quali, Contessa é
molto cambiata
principalmente
sotto l’aspetto urbanistico, sociale, economico e culturale.
Questo
cambiamento si può cogliere non solo andando per le strade del paese,
case,
parlando con la gente.
Sinteticamente
ed in maniera immediata questo cambiamento si può cogliere anche
guardando una
vecchia fotografia panoramica
di Contessa, anteriore
al 1968,
accostata ad
una più recente.
In una
vecchia fotografia, ripresa dalla contrada Cascia, si vedono tre collinette
nude,
Brinjat, su
cui pascolano mucche, pecore e muli, poi il bosco che, in alto, fa corona al
monte
Genuardo, ed in basso il paese a forma di triangolo, con le sue case basse,
vicine e
bianche, mentre due campanili emergono maestosi sopra gli altri edifici.
In una
fotografia più recente di Contessa, con una visione panoramica quasi uguale
alla prima,
si vedono invece sempre sul fondo il monte Genuardo ed il bosco, in
mezzo le tre
collinette Brinjat, che, coperti però da un recente fitto bosco, continuano
a sovrastare il centro abitato, che non ha più
la forma di un triangolo, perché si é
enormemente
esteso per la costruzione di molti edifici nuovi: alle vecchie case,
bianche,
basse, accostate l’una all’altra, con le vecchie tegole, si sono sostituiti o
aggiunti
edifici unifamiliari o palazzine a più piani e gli edifici più grandi di uso
comune
(ambulatorio, mercato coperto, sala-teatro, scuole medie, scuola materna
ecc.) ed
infine l’inconfondibile complesso di edilizia popolare “Ottanta alloggi”.
Le due
fotografie possono efficacemente rappresentare Contessa di ieri e di oggi,
“hora e re e
hora e vjetër”, come si legge nei cartelli stradali bilingue.
Contessa di
ieri é certamente il vecchio centro abitato,
dove continua a vivere forse
neanche il
50% dei suoi abitanti: una casa
demolita, un edificio abbandonato o
disabitato,
la toponomastica dei vecchi quartieri, il nome di una via, ecc...ricordano
un
concittadino (operaio, contadino, sacerdote, artigiano, casalinga,
commerciante,
ecc.) o una
famiglia di contessioti, che non ci sono più, perché si sono trasferiti nella
nuova zona o
perché sono emigrati, ma la cui opera ha contribuito a costruire, con
secoli di
sacrifici e di impegno, Contessa, che é
“Hora e re e hora é vjetër” insieme,
quella
costruita in passato e quella costruita di recente, é il vecchio centro e la “Zona
di
espansione”, perché nelle vecchie case restaurate o ricostruite o nei nuovi e
moderni
edifici continuano a vivere i contessioti, la Comunità contessiota di oggi, che
é legata a
quella di ieri, da cui trae origine, di cui é naturale continuazione, perché
in ogni momento
della sua storia Contessa é stata, come
continua ad essere oggi,
l’insieme
della sua gente, delle sue chiese, delle sue case, delle sue strade, delle sue
piazze, del
suo territorio e soprattutto dei suoi valori religiosi, culturali, sociali e
civili,
alimentati dalla sua Fede, dalla sua Tradizione e dalla sua Cultura.
(Calogero Raviotta)
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