... Sono davvero incomprensibili i discorsi programmatici dei leader dei due partiti europeisti maggiori, il Pd e Forza Italia, nei quali in queste settimane ricorre sempre più spesso la parola d’ordine “ritornare a Maastricht”: cioè tornare al deficit del tre per cento sul PIL, regalarci qualche altro anno di finanza allegra in cui poter abbassare le tasse senza ridurre la spesa pubblica.
Per i non addetti ai lavori va chiarito che questo significherebbe azzerare i trattati europei del 2010, cioè rinunciare al disegno del pareggio strutturale di bilancio degli Stati-membri mirato a consentire che le politiche espansive vengano attuate dall’UE (come in qualche misura sta già accadendo). Significherebbe, dunque, mandare a gambe all’aria la strategia dell’integrazione dell’Italia in Europa e rinunciare a partecipare alla costruzione della nuova UE con il gruppo di testa. In realtà, sia Renzi sia Berlusconi sanno benissimo che l’Italia non può permettersi questa scelta: “tornare a Maastricht” è una promessa che non può essere mantenuta.
Ernesto Della Loggia sul Corriere di sabato denunciava la prospettiva di una “secessione degli elettori dalla politica”. Ma come stupirsene, se anche nei discorsi dei partiti che si presentano come i più responsabili è così alto il tasso di insincerità ?
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