Se si tratta di “servizi pubblici” (assistenza, sanità,
uffici pubblici, istruzione) dovrebbero -in linea generale- essere gratuiti.
In Sicilia non
è detto che debbano esserlo, però.
La pratica di richiedere il pagamento (il pizzo) per servizi
che la Gazzetta Ufficiale definisce gratuiti, in Sicilia, investirebbe secondo
alcune ricerche (Istat) quasi l’8% delle famiglie.
Il pizzo in genere viene pagato a pubblici ufficiali, medici, impiegati etc. e non è detto che venga esternato in richieste esplicite di denaro. Spesso il servizio –che avrebbe dovuto
essere gratuito- viene ricambiato spontaneamente con “regali”, favori, lavori gratuiti. La
nostra legislazione non intravede in questi “ricambi” gli elementi costitutivi
della c-o-r-r-u-z-i-o-n-e; però lì
vicini siamo se l’utente sente dentro di se quasi il dovere di … doversi sdebitare.
Questa è
e resta in ogni caso una pratica corruttiva.
La Regione dove queste pratiche di … sottile corruzioni sono
più in auge è il Lazio: lì vivono gli uomini più corrotti che influenzano la
vita dell’intero Paese.
In Sicilia le famiglie coinvolte sono in linea con quell’8%
che è il dato di media nazionale.
I corrotti che chiedono o fanno intendere di voler essere
pagati generalmente operano nei settori “lavoro”, “sanità”, “pubblica
amministrazione”.
A volte gli utenti sono tanto abituati a pagare che versano
senza ricevere alcun impulso esterno: “si sa che tutto funziona … così”.
La corruzione ha raggiunto ormai il livello massimo: è –praticamente-
divenuto un “dato culturale” del nostro Paese.
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