Tutte le repressioni non sono eguali ?
Per Di Stefano, la repressione in Russia nn ci riguarda
Chi è Di Stefano ?
- Capogruppo M5S della III Commissione Affari Esteri e Comunitari
- Membro della delegazione italiana del Consiglio d'Europa
Certo stranizza che la repressione in atto in questi giorni in Russia non indigni in maniera complessiva tutti gli italiani.
Il giornale torinese La Stampa fornisce una sua lettura. Non è detto che rispecchi la verità assoluta, ma ...
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L’allarme dell’amministrazione all’Italia: strategia di destabilizzazione
«Fate attenzione ai legami fra governo russo e M5S». È il messaggio circolato nei mesi scorsi nell’amministrazione Usa, con lo scopo di mettere poi Roma al corrente di un fenomeno più vasto: l’esteso impegno di Mosca a sostenere forze politiche intenzionate a sfidare gli establishment nazionali.
Con lo scopo di indebolire nel lungo periodo tanto l’Unione Europea, quanto la Nato. Sono fonti governative americane a ricostruire per «La Stampa» quanto sta avvenendo, spiegando in particolare che sono preoccupate per l’influenza che la Russia sta cercando di avere sulle prossime elezioni italiane, nell’ambito di una strategia di interferenza che tocca tutta l’Europa, dopo quella adottata durante le presidenziali degli Stati Uniti. Finora il potenziale punto di contatto è stato individuato da Washington soprattutto nei rapporti che Mosca sta costruendo con il Movimento 5 Stelle, e con la Lega, che però ha prospettive elettorali inferiori.
All’origine di tali sviluppi ci sono le conseguenze dell’Election Day. Quando l’intelligence americana è arrivata alla conclusione che il Cremlino aveva gestito le incursioni degli hacker nell’archivio digitale del Partito democratico, per rubare documenti con cui deragliare la candidatura presidenziale di Hillary Clinton, l’apparato governativo degli Usa si è attivato per comprendere meglio le dimensioni e lo scopo di questa strategia. Quindi si è convinto che la Russia sta cercando di dividere e indebolire l’intero Occidente, favorendo le formazioni politiche che mettono in discussione le alleanze storiche e più recenti tra le due sponde dell’Atlantico. Questa offensiva era già presente negli Stati baltici, che avendo fatto parte dell’Unione Sovietica sono abituati a simili tattiche di propaganda e manipolazione, e le riconoscono in fretta. Discorso analogo per la Serbia e l’intera area della ex Jugoslavia. L’operazione però si è allargata anche al resto dell’Europa occidentale, che secondo gli analisti di Washington è meno pronta a capirla e difendersi. Perciò il governo Usa si è attivato, con missioni discrete che hanno riguardato anche l’Italia.
Gli obiettivi di Mosca sono tutti i Paesi dove nei prossimi mesi sono in programma le elezioni, che per la loro natura democratica consentono di infiltrare i sistemi politici e cercare di condizionarli. Al primo posto ci sono le presidenziali francesi, dove gli effetti dell’offensiva russa sono già stati pubblicamente notati, con la visita di Marine Le Pen al Cremlino e le informazioni uscite per attaccare l’indipendente Macron. Nel radar degli americani però ci sono anche le presidenziali del 2 aprile in Serbia, il voto di settembre in Germania, e quello che comunque dovrà avvenire in Italia entro la primavera del 2018.
Secondo quanto appurato da Washington, i metodi usati sono diversi. Negli Stati Uniti gli attacchi sono avvenuti nel campo digitale, perché è molto sviluppato e offriva grandi opportunità. Lo stesso sta avvenendo già in Europa, come hanno dimostrato le denunce fatte da Macron. Più difficile è provare eventuali finanziamenti o aiuti diretti per le campagne elettorali e i partiti. In Italia il sistema digitale è meno sviluppato di quello americano, e i nostri apparati contano anche sul naturale scetticismo degli elettori per depotenziare eventuali offensive. Nel mondo di oggi, però, non serve molto: basta intercettare una mail o una lettera, per demolire un candidato o un partito.
Poi ci sono i rapporti personali diretti. Ha sorpreso, ad esempio, la visita di una delegazione italiana che qualche tempo fa è andata in Lituania, dialogando con la comunità di origine russa nel Paese. Rilevanti sono anche gli incontri con le ambasciate, che sono leciti, ma possono andare oltre la cortesia diplomatica. M5S e Lega non hanno fatto mistero dei contatti avuti con Mosca, e ciò ha suscitato preoccupazione, anche se in scala diversa.
L’attenzione riservata dal governo americano a questi fenomeni è maturata prima dell’entrata in carica della nuova amministrazione Trump, e delle stesse presidenziali dell’8 novembre. Finora se ne sono occupati funzionari di carriera non partisan, e la loro attività è completamente slegata dalle inchieste in corso all’Fbi e al Congresso sulle eventuali complicità tra gli hacker russi e la campagna del candidato repubblicano. Si tratta in sostanza di valutazioni professionali, indipendenti dalle vicende politiche interne. La transizione naturalmente complica le cose, perché il governo deve affrontare altre priorità, e nei Paesi che sono potenziali obiettivi non sono ancora stati nominati i nuovi ambasciatori. Le elezioni italiane però sono quelle più lontane nel calendario, a fine aprile il premier Gentiloni verrà alla Casa Bianca e a maggio ospiterà Trump al G7, e quindi ci sarà il tempo per discutere e chiarire queste preoccupazioni. Da qui lo scenario di una consultazione in crescendo fra Washington e Roma sul ruolo dei grillini come emissari del Cremlino nel Bel Paese.
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