Palermo, il capoluogo di una Sicilia irrecuperabile, ha richiamato negli ultimi giorni l'attenzione del Paese.
Cimino, un povero disoccupato che i giornali definiscono "clochard" è stato ucciso da un altro povero come lui, Pecoraro, che faceva il benzinaio precario, vestito con la maglietta di un gigante petrolifero e per questo ha potuto riempire il suo secchio di benzina e sacrificare il povero Cimino.
Un gesto non preparato nei dettagli al punto che anche a Pecoraro prendono fuoco pantaloni e barba, e spegnendo le fiamme si ustiona le mani.
I due uomini mangiavano spesso alla mensa che i padri Cappuccini hanno allestito per i poveri. Si tratta di persone che hanno perso il posto di lavoro e che sono finite in mezzo a una strada.
Cimino è morto sotto i portici del chiostro dei padri Cappuccini, che al pari degli uomini di Biagio Conte, Missione di Speranza, Boccone del Povero, Sant’Egidio, Don Calabria, Caritas, si adoperano giornalmente per sfamare i nuovi poveri della Palermo in cui vive bene solamente chi gira attorno alla politica e a mamma regione.
Un sociologo sessantottino amaramente afferma «Spiegaglielo agli economisti della decrescita infelice, a quelli che predicano consumiamo meno e stiamo meglio. Qui, in Sicilia, il passaggio dal ceto medio a quello dei miserabili che finiscono a dormire sotto un ponte, come in America, è ormai realtà».
Quel passaggio dal ceto medio a finire a dormire sotto i porticati Cimino e Pecoraro l’hanno fatto avendo perso il lavoro, e per motivazioni banali per corteggiare una donna sono pure passati alla tragedia: un falò umano dietro le Catacombe dei Cappuccini, vicino al posto dove, nel 1971, la mafia assassinò il procuratore Scaglione.
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