Dopo «bamboccioni» «choosy» e «sfigati», ieri è toccato al nuovo ministro di un’attività in via di estinzione (il Lavoro), definire «poco occupabili» gli italiani, a commento di uno studio dell’Ocse che colloca i nostri giovani all’ultimo posto in Europa per alfabetismo e al penultimo per conoscenze matematiche.
Poiché a nessuno risulta che negli ultimi vent’anni in Italia ci sia stata un’epidemia di cretinismo nei reparti d’ostetricia, si deve supporre che l’impreparazione dei ragazzi non derivi da tare mentali o caratteriali, e nemmeno soltanto dal lassismo complice dei genitori, ma da scelte strategiche incompatibili con la parola futuro. Quella classe dirigente uscita dalle assemblee del Sessantotto, che oggi irride e disprezza i suoi figli, è la stessa che ha tolto risorse all’istruzione, alla ricerca e alla formazione. Che si è rifiutata di indirizzare le scelte di politica economica verso la cultura, il turismo e l’innovazione tecnologica. Che ha ammazzato il merito, praticando in prima persona l’appartenenza a qualche cordata: per quale ragione i ragazzi dovrebbero credere in un sistema che non privilegia i più bravi, ma i più ammanicati? Gli investitori stranieri si tengono alla larga dall’Italia non perché considerano i nostri figli dei caproni, ma perché si rifiutano di allungare una bustarella ai loro padri o, in alternativa, di aspettare tre anni per avere un bollo che altrove ottengono in tre ore. Altro che poco occupabili: il problema italiano è che in questi anni qualcuno si è occupato, e ha occupato, fin troppo.
ROBERTO CAPOCELLI, giornalista de L'Avanti!
Secondo l'Ocse noi italiani siamo gli ultimi in Europa per capacità di comprensione della realtà: non capiamo cosa ci accade intorno e non sappiamo usare gli strumenti che potrebbero aiutarci a farlo. Di conseguenza, ed è la cosa più grave, non sappiamo imparare. Insomma, i dati emersi dalla ricerca, condotta in Italia dall’Isfol, gridano “Il re è nudo!”.
Sulla questione è intervenuto il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, che commentando i dati, aveva parlato di italiani «poco occupabili» a causa della loro incapacità nell’utilizzare gli strumenti chiave per accedere al lavoro nella società dei “saperi”. Posizione ridimensionata in seguito alle tante critiche piovute sul ministro dai sindacati. Per esempio Elena Lattuada, segretario confederale della Cgil, aveva criticato l’intervento del ministro pur sottolineando che i dati Ocse, «danno una fotografia reale» della situazione nel nostro Paese.
Ma cosa sta “bloccando” lo sviluppo delle competenze necessarie per fare il salto di qualità che permetterebbe all’Italia di entrare nel club dei big della modernità? Secondo il professor Domenico De Masi, sociologo del lavoro e padre della teoria dell’”Ozio creativo”, «il nostro sistema educativo, scuola e università, fa acqua da tutte le parti». Inoltre, continua De Masi, «ci siamo permessi, per così dire, dei “lussi” incredibili, come quello di avere ministri che fino a pochi mesi prima facevano calendari osé e un ministro della Pubblica Istruzione che non aveva titoli per farlo. Sono lussi che, in generale, e soprattutto in un momento di trasformazione come quello che viviamo, ci siamo permessi solo noi e ne paghiamo le conseguenze».
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