I passaggi da un rito ad un altro
Il
CCEO prevede pene, abbastanza gravi, per chi induce qualche fedele al passaggio
ad un’altra Chiesa sui iuris.
Il can. 1465 del CCEO recita: «Colui che, esercitando un
ufficio, un ministero o altro incarico nella Chiesa, a qualunque Chiesa sui iuris egli sia ascritto, anche alla Chiesa latina, avrà osato
indurre in qualunque modo qualsiasi fedele cristiano al passaggio a un’altra
Chiesa sui iuris contro il can. 31, sia punito con una pena adeguata».
Questo
canone è comune alla Chiesa latina e alle Chiese Orientali poiché qui si
riferisce a quicumque Ecclesiae sui iuris, etiam
Ecclesiae latinae. Secondo il can. 31 del CCEO, che
viene richiamato nel can. 1465 del CCEO: «Nessuno presuma di indurre in alcun
modo qualunque fedele cristiano a passare a un’altra Chiesa sui iuris».
Eppure
quanti sono i Vescovi locali ed i parroci che, in buona fede, ritengono normale
che i fedeli bizantini in diaspora, che
magari da Contessa Entellina trasferiscono la residenza in un paese a 15 chilometri di distanza o anche meno, devono, non appena possibile, essere totalmente
incorporati nelle parrocchie latine e quindi perdere ogni contatto con le loro
proprie Chiese di origine.
E’
la regola ! Lo sappiamo tutti ed assistiamo a queste facili azioni di stupido proselitismo.
Leggiamo
invece dal fascicolo ultimo di Iuria
Orientalia che questi comportamenti sono contrari ai Decreti del Concilio Vaticano
II. Ma tantissimi sacerdoti lo fanno e lo fanno con insistenza.
Questa
norma del can. 1465 del CCEO è una delle più importanti norme
relative alla situazione dei fedeli cattolico-orientali in diaspora. Nessun
fedele della
Chiesa, sia delle Chiese Orientali che di quella latina, deve indurre un fedele
cattolico a passare ad altra Chiesa.
Il
can. 31 del CCEO comunque obbliga pure la Chiesa latina, perché la Chiesa latina viene esplicitamente menzionata nel can. 1465 del CCEO e
anche perché la norma del CCEO can. 31 intende tutelare il principio espresso
nel can. 214 del CIC, che assicura ai fedeli il diritto di rendere culto a Dio
secondo le disposizioni del proprio rito approvato dai legittimi
Pastori della Chiesa e di seguire un proprio metodo di vita spirituale,
che sia però conforme alla dottrina della Chiesa.
La
diaspora di cattolici di rito orientale fa correre loro il rischio di essere
forzati ad assimilarsi ai cattolici di rito latino, soprattutto là dove la
Chiesa locale si dimostra
impreparata a gestire la diversità e là dove l'ignoranza dei sacerdoti ha del proverbiale.
La
Costituzione Apostolica Orientalium
dignitas di Leone XIII del 1894 prevedeva la sospensione a divinis e altre pene per il sacerdote di rito latino che
consigliasse di allontanare
i fedeli orientali dal loro rito: «Qualsiasi Missionario latino, del clero secolare
o regolare, che con consigli o aiuti attiri qualche orientale al rito latino,
oltre alla sospensione a divinis nella quale incorrerà ipso
facto, e altre pene inflitte dalla stessa
Costituzione Demandatam, sia destituito ed escluso dal suo ufficio».
Questo
can. 31 non è una semplice pia esortazione, ma un serio divieto che riguarda
anzitutto la Chiesa latina, sia in Oriente, sia nella diaspora orientale in
Occidente. Qui c’è un doppio dovere, quello di vigilare che nessuno induca i
fedeli a passare ad un altro rito e quello di punire con una pena adeguata
colui che avrà osato farlo. Qui dobbiamo ricordare che quando diciamo che i
Vescovi latini devono vigilare affinché nessuno induca i fedeli a passare ad un
altro rito, è ovvio che anche loro stessi non devono indurre i fedeli orientali
ad effettuare un tale passaggio.
I
fedeli orientali cattolici, anche se essi sono affidati per la cura pastorale ratione domicilii
all’Ordinario o al Pastore della
Chiesa latina, non passano alla Chiesa latina, ma rimangono sempre ascritti
alla loro propria Chiesa Orientale sui
iuris.
Per
esempio, nell’attuale situazione in Germania ci sono tanti sacerdoti orientali, provenienti
soprattutto dalla Chiesa Siro-Malabarese e dalla Chiesa Siro-Malankarese, che
lavorano nelle diocesi tedesche come pastori per i fedeli latini. Può capitare
che, a motivo di scarsità di sacerdoti latini nella propria diocesi e per
assicurare in essa il servizio dei sacerdoti orientali, il Vescovo voglia avere
questi sacerdoti come appartenenti alla propria diocesi. Questo può, alle
volte, condurre ad invitare in modo indiretto questi sacerdoti a passare alla
Chiesa latina. Certo, il codice prevede certe situazioni e cause legittime
per il passaggio da una ad un’altra Chiesa sui
iuris. Tuttavia, cercare
di indurre un fedele (anche un sacerdote) sarebbe, come abbiamo visto,
un’azione punibile.
Questa
situazione può capitare pure nei confronti di religiosi e religiose che offrono
il loro servizio nelle diocesi latine. Il Vescovo latino deve rispettare questa
norma del can. 31 del CCEO, soprattutto nei confronti dei candidati orientali
al sacerdozio, sia quelli destinati
ad una Eparchia orientale, sia
quelli destinati ad una diocesi. Dovrebbe, ma sappiamo in tanti che ... ...
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