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domenica 13 ottobre 2013

Aspettando il nuovo Eparca (n. 31)

I passaggi da un rito ad un altro
Il CCEO prevede pene, abbastanza gravi, per chi induce qualche fedele al passaggio ad un’altra Chiesa sui iuris.
Il can. 1465 del CCEO recita: «Colui che, esercitando un ufficio, un ministero o altro incarico nella Chiesa, a qualunque Chiesa sui iuris egli sia ascritto, anche alla Chiesa latina, avrà osato indurre in qualunque modo qualsiasi fedele cristiano al passaggio a un’altra Chiesa sui iuris contro il can. 31, sia punito con una pena adeguata».
Questo canone è comune alla Chiesa latina e alle Chiese Orientali poiché qui si riferisce a quicumque Ecclesiae sui iuris, etiam Ecclesiae latinae. Secondo il can. 31 del CCEO, che viene richiamato nel can. 1465 del CCEO: «Nessuno presuma di indurre in alcun modo qualunque fedele cristiano a passare a un’altra Chiesa sui iuris».
Eppure quanti sono i Vescovi locali ed i parroci che, in buona fede, ritengono normale  che i fedeli bizantini in diaspora, che magari da Contessa Entellina trasferiscono la residenza in un paese a 15 chilometri di distanza o anche meno, devono, non appena possibile, essere totalmente incorporati nelle parrocchie latine e quindi perdere ogni contatto con le loro proprie Chiese di origine.

E’ la regola ! Lo sappiamo tutti ed assistiamo a queste facili azioni di stupido proselitismo.

Leggiamo invece dal fascicolo ultimo di Iuria Orientalia che questi comportamenti sono contrari ai Decreti del Concilio Vaticano II. Ma tantissimi sacerdoti lo fanno e lo fanno con insistenza.

Questa norma del can. 1465 del CCEO è una delle più importanti norme relative alla situazione dei fedeli cattolico-orientali in diaspora. Nessun fedele della Chiesa, sia delle Chiese Orientali che di quella latina, deve indurre un fedele cattolico a passare ad altra Chiesa.

Il can. 31 del CCEO comunque obbliga pure la Chiesa latina, perché la Chiesa latina viene esplicitamente menzionata nel can. 1465 del CCEO e anche perché la norma del CCEO can. 31 intende tutelare il principio espresso nel can. 214 del CIC, che assicura ai fedeli il diritto di rendere culto a Dio secondo le disposizioni del proprio rito approvato dai legittimi Pastori della Chiesa e di seguire un proprio metodo di vita spirituale, che sia però conforme alla dottrina della Chiesa.

La diaspora di cattolici di rito orientale fa correre loro il rischio di essere forzati ad assimilarsi ai cattolici di rito latino, soprattutto là dove la Chiesa locale si dimostra impreparata a gestire la diversità e là dove l'ignoranza dei sacerdoti ha del proverbiale.

La Costituzione Apostolica Orientalium dignitas di Leone XIII del 1894 prevedeva la sospensione a divinis e altre pene per il sacerdote di rito latino che consigliasse di allontanare i fedeli orientali dal loro rito: «Qualsiasi Missionario latino, del clero secolare o regolare, che con consigli o aiuti attiri qualche orientale al rito latino, oltre alla sospensione a divinis nella quale incorrerà ipso facto, e altre pene inflitte dalla stessa Costituzione Demandatam, sia destituito ed escluso dal suo ufficio».

Questo can. 31 non è una semplice pia esortazione, ma un serio divieto che riguarda anzitutto la Chiesa latina, sia in Oriente, sia nella diaspora orientale in Occidente. Qui c’è un doppio dovere, quello di vigilare che nessuno induca i fedeli a passare ad un altro rito e quello di punire con una pena adeguata colui che avrà osato farlo. Qui dobbiamo ricordare che quando diciamo che i Vescovi latini devono vigilare affinché nessuno induca i fedeli a passare ad un altro rito, è ovvio che anche loro stessi non devono indurre i fedeli orientali ad effettuare un tale passaggio.
I fedeli orientali cattolici, anche se essi sono affidati per la cura pastorale ratione domicilii all’Ordinario o al Pastore della Chiesa latina, non passano alla Chiesa latina, ma rimangono sempre ascritti alla loro propria Chiesa Orientale sui iuris.

Per esempio, nell’attuale situazione in Germania ci sono tanti sacerdoti orientali, provenienti soprattutto dalla Chiesa Siro-Malabarese e dalla Chiesa Siro-Malankarese, che lavorano nelle diocesi tedesche come pastori per i fedeli latini. Può capitare che, a motivo di scarsità di sacerdoti latini nella propria diocesi e per assicurare in essa il servizio dei sacerdoti orientali, il Vescovo voglia avere questi sacerdoti come appartenenti alla propria diocesi. Questo può, alle volte, condurre ad invitare in modo indiretto questi sacerdoti a passare alla Chiesa latina. Certo, il codice prevede certe situazioni e cause legittime per il passaggio da una ad un’altra Chiesa sui iuris. Tuttavia, cercare di indurre un fedele (anche un sacerdote) sarebbe, come abbiamo visto, un’azione punibile.

Questa situazione può capitare pure nei confronti di religiosi e religiose che offrono il loro servizio nelle diocesi latine. Il Vescovo latino deve rispettare questa norma del can. 31 del CCEO, soprattutto nei confronti dei candidati orientali al sacerdozio, sia quelli destinati ad una Eparchia orientale, sia quelli destinati ad una diocesi. Dovrebbe, ma sappiamo in tanti che ...   ...

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