Nel primo ventennio del Cinquecento la Sicilia cadde in disordini
diffusi in ogni luogo, e soprattutto nella parte occidentale dell'isola. Negli anni tra il 1516 e il 1525 la situazione andò fuori dal controllo delle Autorità e fuori dal controllo dei feudatari.
Erano in gioco ragioni di predominio a livello locale, ma anche ragioni sociali
e di rappresentanza municipale; la crisi economica aveva
impoverito l’intera popolazione e tutto per alcuni anni parve fattibile a chiunque. I vassalli tumultuavano contro i feudatari, ora
per reclamare il passaggio al demanio nell’ambito della politica antifeudale di
Ferdinando il Cattolico; ora per creare difficoltà ai baroni fedeli al viceré
Moncada, contro il quale Palermo e la grande feudalità erano in rivolta. Palermo aveva infatti costretto alla fuga
il vicerè Moncada (1516) e aveva
defenestato i più alti funzionari del Regno.
Contessa non risulta si sia fatta coinvolgere nei disordini. D'altronde la comunità con poco più di 500 anime era ancora in fase di stabilizzazione e non mostrava affatto di volersi unire al modo di sentire e di vedere delle realtà umane circostanti ad essa. Alfonso Cardona, Signore di Contessa, Chiusa, Burgio e Marchese di Giuliana, verosimilmente si servì di uomini messi a disposizione dalla comunità per servirsene nel domare le rivolte negli altri suoi stati feudali.
E' certo comunque che nel 1520 i contessioti ottengono i Capitoli che disciplineranno senza ulteriori alterazioni fino al Settecento le modalità di vita sui feudi dei Cardona nello Stato di Contessa, poi passato ai Colonna, ed ottengono pure l'istituzione dell'Università (oggi si direbbe del Comune). Fino a quell'anno l'autonomia amministrativa non era infatti ancora arrivata.
Nessun commento:
Posta un commento