Nella mattinata di oggi (27 Novembre 2021) la Rai ha trasmesso in diretta la cerimonia di rievocazione del primo Parlamento italiano che si insedia a Roma, nuova capitale del Regno d'Italia dal 1871. La cerimonia si è svolta alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella.
Cogliamo l'occasione della rievocazione del 150' di Roma-Capitale per iniziare una prima pagina di rievocazioni storiche a cui contiamo di farne seguire tante altre, nello spirito che comprendendo le vicende comunitarie che ci precedono, una Italia migliore si può via via costruire senza attendere che siano solamente i politici a smuoversi, ma coinvolgendo anche le coscienze di ciascuno di noi cittadini. Attingeremo vicende e date da un'opera monumentale del noto storico Arrigo Petacco 1929-2018.
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Anche il Parlamento si trasferisce a Roma
Dopo l'ingresso solenne di Vittorio Emanuele II, avvenuto il 2 luglio 1871, Roma è interessata, il 27 Novembre successivo, da un altro evento di importanza storica: l'inaugurazione della seduta del Parlamento nella nuova capitale.
Il re, Vittorio Emanuele II, legge il discorso di apertura del Parlamento a Montecitorio. Era il 27 Novembre 1871 |
Alle dieci e tre quarti fa il suo ingresso la principessa Margherita, accompagnata dalle dame e dai gentiluomini di corte; prende posto nella tribuna collocata a destra del trono allestito là dove di solito c'è il banco della presidenza. La sua comparsa è salutata da uno scrosciante applauso. Alle 11 entra il re, seguito dal principe Umberto, dal principe Eugenio di Savoia Carignano e da tutta la casta militare; dall'aula si levano tre lunghe salve di applausi.
Vittorio Emanuele prende posto sul trono mentre i due principi rimangono in piedi ai due lati. A questo punto il Presidente del Consiglio, Giovanni Lanza, invita i parlamentari a sedersi e, in un silenzio assoluto, il re inizia a leggere il discorso della Corona, che si apre con queste parole: "L'opera a cui consacrammo la nostra vita è compiuta". L'aula esplode in un lungo, fragoroso applauso, che si ripete più volte durante il discorso sottolineandone i passi più significativi.
Il tono che ispira le parole del sovrano è quello di un appello alla concordia nazionale: egli esprime l'auspicio che le forze politiche -la Destra e la Sinistra- rendano meno aspri i loro contrasti e si sforzino di lavorare in funzione dello sviluppo della nazione. Vittorio Emanuele tocca, nel suo intervento, anche il tasto delicato dei rapporti tra Stato e Chiesa, ancora molto dolente poco più che un anno dopo l'atto di forza compiuto con la presa di Roma. Il tono del monarca è conciliante, anche se non esce dal generico, limitandosi a garantire l'integrità delle istituzioni religiose che fanno parte del governo della Chiesa universale.
Applausi entusiastici salutano la fine del discorso. Dopodichè Vittorio Emanuele lascia il Parlamento e riprende la via del Quirinale in una carrozza di gala scortata da corazzieri e da membri della Guardia nazionale a cavallo.
La cerimonia dell'innaugurazione della nuova sede del Parlamento si trasforma per la capitale in una bella festa popolare. Per tutto il giorno le strade del centro sono invase dalla gente e ad esse si mescolano volentieri gli stessi deputati e senatori. Le luminarie in via del Corso, via di Ripetta e piazza del Popolo fanno un effetto suggestivo. Un episodio accade, quel giorno, che accende la fantasia dei romani; l'atmosfera quel 27 novembre, è tanto limpida, il cielo così terso che si può vedere la "stella" Venere brillare intensamente. Dal fatto si traggono ottimi auspici per le sorti dell'Italia.
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Vittorio Emanuele aveva precedentemente visitato Roma il 31 dicembre 1870 che trovò allagata a causa dello straripamento del Tevere. Delle intemperie e dei danni che le piogge provocano i papalini danno la loro particolare e interessata interpretazione attribuendo le sciagure alla "collera divina" non ancora placata dal "sacrilego" atto del 29 Settembre precedente.
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