E ... nacque il laicismo
La scorsa volta ci siamo intrattenuti sul fenomeno culturale, post-rivoluzione francese e post-era napoleonica, che va sotto il nome di "Positivismo" (leggi piggiando qui: n. 1- Positivismo).
Quando ormai il vecchio mondo feudale/culturale dell'alleanza del Trono (=il Potere dei forti) con l'Altare (=che fino ad allora era stato usato per tenere buone le masse diseredate) era in disfacimento, Saint-Simon guardava alla appena sorgente industria e alla logica di fare degli industriali per immaginare una nuva base culturale della società, mentre Comte guardava agli scienziati che riescono a suscitare un nuovo credo e una nuova visione del futuro degli uomini.
Lo schema che sembrò venire fuori dalla combinazione del pensiero dei due studiosi post-illuministi era che ai primi, agli industriali, competeva grazie alle loro attitudini di crescita del benessere il potere temporale (=la guida della società) e agli scienziati competeva grazie alle loro autorevoli, indiscutibili e dimostrabili rivelazioni sulle cose del mondo il potere spirituale.
Nel nuovo assetto "positivista", quello delle origini, in materia politico-sociale
1) non devono esserci nè capi nè sudditi,
2) le decisioni non vanno prese a maggioranza,
3) non c'è posto per il "libero arbitrio",
in quanto il disaccordo sulle rivelazioni della scienza è impossibile.
Uno schema quello sinteticamente ora riportato che tuttavia vale solamente per le scienze "mature". Infatti, nell'originaria impostazione positivista, sussistono due stadi:
1- Lo stadio "teologico" o fittizio in cui i fenomeni vanno spiegati facendo ricorso a "idee soprannaturali", immaginarie e mitologiche;
2 - Lo stadio "metafisico" astratto, quando la ragione prende il posto della fantasia come facoltà dominante. Si tratta di un progresso rispetto alla fase precedente in quanto si offre una spiegazione razionale fondata sull'accertamento delle connessioni tra i fenomeni, in vista della costruzione di un "sistema".
Certo, i fatti continuano ancora ad essere spiegati con "idee" non più sopranaturali e tuttavia non ancora "naturali". Si trattava, per i primi positivisti, di uno stadio ancora "ibrido" destinato ad essere superato da un terzo stadio finale e "positivo".
3) Nel terzo stadio devono avere largo spazio l'osservazione che condizionerà la "ragione". Condizionamento del tipo "connessione certa e invariabile tra fatti e non di causa ed effetti".
Sostanzialmente lo "spirito dei positivisti" rinuncia a porsi domande che non possono avere risposte: "la vana ricerca delle cause" lascia il posto alla ricerca-accertamento delle leggi che sono "l'enunciazione delle relazioni". La realtà esiste indipendentemente dalla mente, ma non è conoscibile nella sua interezza, poichè "la conoscenza è sempre relativa alla nostra organizzazione e alla nostra situazione", cioè alle possibilità umane e alle condizioni storiche.
I tre stadi, proposti da Comte, danno una concezione della Storia che già gli illuministi avevano scandito in fasi: il progresso della ragione e della società che va dalle barbarie alla civiltà. Come già per gli illuministi il processo appare spontaneo e inarrestabile. Ciascun essere umano è "teologo" nell'infanzia, "metafisico" nella giovinezza e "scienziato" nella maturità.
Quella di Comte viene considerata una filosofia della Storia, oltre che della Scienza, che contiene la speranza quasi religiosa di una rigenerazione dell'umanità.
(Segue)
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