L'impressione della gente comune:
La situazione politica è un
corteggiamento sull’orlo del baratro
EMMANUELE MACALUSO, già dirigente politico della Sinistra
DI SICURO SARÀ DIFFICILE AVERE UN GOVERNO AUTOREVOLE
L’editoriale del “Corriere della Sera”, firmato da Pigi Battista, mette in rilievo che “le basi di tutti i partiti sono in rivolta e i nervi degli elettori frastornati e sgomenti”. Il dramma così descritto è dovuto al fatto che per tutte le alleanze di cui si parla (Pd-Cinquestelle, Lega-Cinquestelle) e anche per le coalizioni e le forze politiche si pone lo stesso problema: Salvini-Berlusconi, Renzi e senza Renzi, Di Maio e cosa pensa la Casaleggio. E Battista sul tema scrive cose condivisibili quando nota, per esempio, che è difficile transitare dal clima respirato per anni, dovuto non alla lotta politica tra partiti diversi ma a guerriglie fatte di insulti, menzogne, diffamazioni, espressioni che richiamano la nozione del nemico irriducibile e non dell’avversario politico.
Questo clima, che si respirava prima e durante la campagna elettorale, certamente non può cambiare al punto da riprodurne uno di collaborazione. Battista si riferisce anche a quel che abbiamo visto nella Prima Repubblica. A quel tempo, la DC era un partito con le correnti ma un partito vero e che impiegò nove anni (nel 1954 si verificarono le prime “aperture” dei socialisti verso i cattolici e gli stessi socialisti, gradualmente, si separarono dai comunisti) per fare solo nel 1963 il primo governo DC-PSI. Fu Aldo Moro che concluse faticosamente quell’itinerario e fu egualmente Moro, con le cautele e le controversie che sappiamo, a persuadere il suo partito, e con esso l’elettorato, della necessità di aprire un varco al PCI, non per formare un governo ma per rendere possibili alternative di governo con i comunisti che potevano stare all’opposizione o al governo. Certamente, oggi non ci sono né i Moro, né i Nenni né i Longo o Berlinguer; ci sono dei nani. Ma vorrei dire a Pigi Battista, e non solo a lui, che questo è dovuto al fatto che ieri c’erano partiti con gruppi dirigenti, militanti, e un rapporto costante con l’elettorato.
Oggi ci sono agglomerati politico-elettorali, partiti personali e aziendali (non solo quello di Berlusconi ma anche della Ditta Casaleggio). Il Pd, che vuole somigliare ad un partito, in questi giorni offre uno spettacolo inedito: un segretario che si dimette dopo una pesante sconfitta elettorale ma che mantiene un potere reale visto che a lui fanno capo tanti parlamentari, nominati e fedeli; organi dirigenti pletorici con componenti il cui orientamento politico è per la gran parte sconosciuto. In questo quadro non stupisce che anche i fedeli elettori del Pd avvertono di non avere un chiaro riferimento. Un quadro politico complessivo, questo, che certamente non può produrre governi autorevoli in grado di affrontare i complessi problemi del Paese e avere una voce in una situazione internazionale sempre più pesante. Scusate ma il mio pessimismo cresce anche se mi auguro sempre di sbagliarmi.
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