L’Ipsos Mori diffonde di anno in anno il suo Index of Ignorance, una rilevazione statistica in grado di indicare il paese più ignorante del mondo.
Nel 2014 la popolazione con il maggior numero di risposte sbagliate (raccolte dal sondaggio) è stata individuata in quella italiana.
Gli italiani nel 2014 ritevevano:
- che gli over 65 fossero il 48 per cento. Erano il 21.
- che gli immigrati fossero il 30 per cento. Erano il 7.
- che le ragazze madri fossero il 17 per cento. Erano lo 0,5.
Nella classifica mondiale -in que
l 2014- battevamo tutti, precedendo, nell’ordine, tutti gli Stati, europei ed asiatici.
Ci sono titoli di giornali e dati a confermarlo: «L’Italia è un paese sistematicamente in coda nelle classi europee o mondiali sul livello di istruzione. Dati alla mano, in Italia si studia poco. Viene disprezzata con inflessibile continuità la scuola, l’università, la ricerca. Si stenta ad arricchire il proprio sapere».
Non ci sono molte speranze in un paese così; «L’Italia ignorante non è l’Italia che può prendere slancio. Non contrasta le diseguaglianze, non favorisce l’avanzamento sociale».
Gli ignoranti italiani ostacolano il progresso e la redistribuzione.
Non sono stati sufficienti centocinquant’anni per risolvere questa emergenza. Ma se un fenomeno dura almeno un secolo e mezzo, lo possiamo definire davvero un’emergenza? No: «Sarebbe però sbagliato ritenere che l’ignoranza che oggi ci circonda sia un segno del degrado in cui la società italiana è precipitata: forse è vero anche questo, ma non bisogna dimenticare che le origini del fenomeno sono profonde e vengono da lontano».
Poco dopo l’Unità d’Italia, lo storico meridionalista Pasquale Villari ammoniva:
Bisogna che l’Italia cominci col persuadersi che v’è nel seno della Nazione stessa un nemico più potente dell’Austria, ed è la nostra colossale ignoranza.
Era il 1866.
Nessun commento:
Posta un commento