Quel che vedono i cittadini, infatti, fa crescere la sfiducia nelle istituzioni e nella politica e acuisce le contraddizioni che caratterizzano il sistema politico italiano. I cosiddetti “vincitori” delle elezioni del 4 marzo – il M5S e la Lega salviniana – sono i responsabili della paralisi, della impotenza politica e delle indecenti sceneggiate cui quotidianamente assistiamo. Ma sono sempre loro, però, ad usufruirne elettoralmente. Questa è una contraddizione incredibile che ha caratterizzato già le elezioni. Tuttavia, c’è da dire che i Cinque Stelle e la Lega possono lucrare sulla crisi da loro prodotta anche perché il partito che dice di essere all’opposizione appare paralizzato.
Nelle città, nei piccoli e grandi centri, nei quartieri tutto scorre, per quel che riguarda la politica, attraverso la tv e i più moderni mezzi di comunicazione di massa e non si vede nessuno della cosiddetta opposizione che parli con gli elettori in un rapporto fisico, soprattutto con quelli che, delusi e senza più riferimenti a sinistra, hanno votato M5S. Ieri a “Carta Bianca” (Rai3) della Berlinguer, ho ascoltato l’on. Graziano Del Rio spiegare a tutti noi che nel Pd tutto procede bene, si rispetta lo statuto, c’è collegialità e Matteo Renzi, come senatore ed ex presidente del Consiglio, dice la sua in quella collegialità. Insomma, tutto è a posto.
Ho conosciuto Del Rio molti anni fa a Reggio Emilia e mi ero fatto convinto, anche grazie alla sua attività di amministratore, che fosse una personalità politica dotata di una certa indipendenza, di provenienza dal mondo cattolico e con un nitido trascorso democratico. Capisco che anche per i cattolici le bugie in politica sono peccati veniali e dunque da assolvere, ma c’è anche un problema di decenza politica: non c’è persona che segua la politica e non c’è giornale che non lo scriva, a riferire che Renzi continua a dettare la “linea”, a indicare le decisioni da prendere, delegittimando il segretario reggente. Ma per Del Rio e altri tutto scorre nella normalità. Auguri e buon lavoro.
MASSIIMO GRANELLINI, giornalista
Ha prestato il fianco a facili ironie la decisione dei Cinque Stelle di inserire nella commissione Lavoro del Senato una dipendente pubblica che, prima di entrare in politica, si era messa per otto mesi in malattia, a causa di stress da lavoro. Il Movimento dà prova di privilegiare la competenza, dato che le vicissitudini della senatrice Vittoria Bogo Deledda ne fanno la candidata ideale per quell’incarico. Dirigente dei servizi sociali di un piccolo comune del Sassarese, la signora ha sofferto di una crescente ripulsa nei confronti del proprio mestiere, che fortunatamente non si è mai spinta fino al rifiuto di ritirare lo stipendio, ma l’ha costretta a fermarsi ai box per una lunga pausa meditativa sotto l’ombrellone del certificato medico. Molti di noi si riconosceranno nei suoi sintomi, che gli psicologi descrivono come «deterioramento delle emozioni legate all’impiego». Qualche leghista in vena di semplificazioni brutali parlerebbe di poca voglia di lavorare, ma non è così. La senatrice era solo in cerca di nuovi stimoli, possibilmente ancora a spese dello Stato.
Il potere prodigioso della candidatura offertale da Di Maio è all’esame degli studiosi. In due giorni è perfettamente guarita: si è tolta dalla malattia e si è messa in ferie. Dopo una campagna elettorale all’insegna del benessere ritrovato, adesso porta in commissione Lavoro il suo bagaglio di esperienza, condensabile in questa massima coniata da un mio ex direttore: il lavoro è tutto tempo sottratto alla carriera.
MATTIA FELTRI, giornalista
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