LA STAMPA
Era nell'aria da giorni, ma decidendo ieri di
rinviare a dopo il referendum l'udienza sull'Italicum fissata al 4 ottobre, la
Corte costituzionale ha tolto ogni alibi ai partiti che da tempo si battono per
cambiare la legge elettorale e al governo che più di recente ha cominciato a
dirsi disponibile. Un'eventuale dichiarazione di incostituzionalità della
legge, infatti, avrebbe reso urgente e forse avrebbe imposto subito la
calendarizzazione parlamentare della riforma della riforma. Adesso sarà il
risultato delle urne a stabilire cosa servirà fare: se vince il «No» infatti il
Senato rimane tale e quale e una legge come l'Italicum che vale solo per la
Camera perderà di senso. E ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità. A
cominciare dalla minoranza bersaniana del Pd, che dopo aver, seppure con molte
riserve, approvato l'Italicum in Parlamento, ci ha ripensato e ha fatto della
correzione della legge la condizione per dire «Si» al referendum
costituzionale.
Bersani è stretto tra D'Alema che guida il fronte
del «No» e Renzi che, aprendo a sorpresa alla richiesta di modifica
dell'Italicum, chiede ai bersaniani, intanto di approvare la riforma
costituzionale nelle urne, in vista di un successivo confronto sui meccanismi
elettorali, oppure di dire con chiarezza che voteranno «No», capovolgendo
quella che era stata la loro posizione in Parlamento.
Con queste premesse domani la Camera discuterà
una mozione proposta da Sel per impegnare il governo a prendere l'iniziativa
per cambiare l'Italicum. Il dibattito sulla mozione potrebbe essere rivelatore
della confusione che sta crescendo. Con i partiti più piccoli che premono per
lo spostamento del premio di maggioranza dalla lista alla coalizione, ciò che
tornerebbe a renderli determinanti. La minoranza del Pd che propone un ritorno
ai collegi uninominali, sapendo che su questo non si troverà una maggioranza. E
il Movimento 5 Stelle, possibile maggior beneficiario di un eventuale
ballottaggio, che non vede l'ora di assistere alla rissa dei partiti e delle
correnti scaricare addosso agli altri la colpa di non essere stati in grado di
cambiare l'Italicum, ma sotto sotto sperando rimanga in vigore.
In questo contesto accusare Renzi di essere
disponibile solo a parole alla correzione del sistema elettorale, augurandosi
in realtà che si riveli impossibile, non è giustificato. Il fallimento della
riforma della riforma si ripercuoterebbe tutto sul governo che a fatica aveva
condotto in porto una legge imperfetta, ma pur sempre una legge.
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